Roma – L’Italia è ferma, ormai i giudizi sono generalizzati e convergenti. Il fuoco di fila degli istituti e degli organismi internazionali che annunciano previsioni sempre più negative sul fronte della crescita, mettono il governo in tensione, provocando reazioni impulsive. L’affondo contro l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che aveva criticato il reddito di cittadinanza, quota 100 e flat tax (“l’austerity se la facciano a casa loro”, è stata la reazione di Luigi Di Maio), segna forse il momento più complicato per l’esecutivo che vede ogni previsione ottimistica svanire, accanto a un rallentamento generale dell’economia mondiale.
“Sono un po’ preoccupato per l’economia italiana che continua a regredire, e auspico che le autorità italiane facciano sforzi supplementari per mantenere in vita la crescita economica”, dice Jean Claude Juncker dopo un colloquio con il premier Conte, nel primo appuntamento della visita romana del presidente della Commissione. Un giudizio che, vista l’aria che tira, è tutto sommato tra i migliori, in un assedio di previsioni nerissime per i prossimi mesi, tant’è che al Tesoro qualcuno fa già i conti per una possibile manovra correttiva. Dopo Juncker, che dichiara un “grande amore tra Commissione, l’Italia e tutti i suoi ministri”…, a varcare la porta dello studio di Conte è arrivato il “poliziotto cattivo”, il segretario generale dell’OCSE, Angel Gurrìa.
Una visita gelida, certamente poco gradita dopo le critiche alle scelte del governo gialloverde, al punto che Palazzo Chigi fa sapere “niente dichiarazioni alla stampa e niente telecamere”. All’uscita ognuno resta sulle sue posizioni. Conte critica la stima sulla crescita negativa indicata dal rapporto OCSE (sottovaluta le misure espansive della legge di bilancio che si vedranno a medio termine”), ma le cifre intorno allo zero sono confermate e secondo Gurrìa, il governo dovrà “confrontarsi con la realtà”, quando stilerà il DEF e “prendere una decisione politica”. Tutto nella stessa mattina, passano i minuti e da Bruxelles il vice presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis certifica la nuova frenata del Pil europeo, il rallentamento per tutte le economie più grandi “specialmente l’Italia”. Numeri messi nero su bianco dall’IFO, l’istituto tedesco di ricerca economica che prevede per il 2019 una crescita dell’eurozona debole, vicina a 0,3 % con un ristagno della produzione industriale.
Ma i bollettini di guerra non sono ancora finiti e in giornata microfoni accesi per il Fondo Monetario Internazionale. Nel suo nuovo intervento Christine Lagarde, anticipa il giudizio di primavera sull’anno in corso, prevedendo che “l’economia globale sta subendo un rallentamento, anche se non sarà recessione” e l’eventuale rimbalzo di fine anno è “incerto e precario”. Quindi “attenzione ai passi falsi” avverte la direttrice del FMI che marca l’attenzione sul momento cruciale “di particolare vulnerabilità a causa di shock legati alla Brexit, all’alto livello dell’indebitamento di alcuni Paesi, ai disagi sui mercati finanziari e alle tensioni commerciali. Non cita l’Italia, ma in un tale contesto i rischi che corre la nostra economia sono decisamente più alti degli altri e il primo conto sarà sugli interessi del nostro alto debito.