Bruxelles – I rifiuti provenienti da apparecchiature elettriche sono formati da una miscela di materiali e componenti che possono causare gravi problemi ambientali e sanitari se non gestiti correttamente. Contengono anche molti metalli rari, che se recuperati possono far risparmiare delle fortune rispetto alle attività di miniera. Di conseguenza, l’Europa si è sempre impegnata al fine di migliorare gli sforzi per la loro raccolta, il trattamento ed il riciclaggio di questi alla fine del loro ciclo vitale.
Nel 2016, solo nell’Unione sono stati raccolti 8,9 kg di rifiuti elettronici per abitante, con un aumento del 25% rispetto al 2011. Tuttavia le differenze tra i vari Stati membri rimangono ancora alte, passando dagli 1,6 kg per abitante in Romania ai 16,5 kg per abitante in Svezia. Differenze che riflettono non solo i diversi livelli di consumo di questi beni tra una nazione e l’altra, ma anche e soprattutto le disparità nel rendimento dei sistemi di raccolta dei rifiuti implementati dai vari paesi. Un range in cui l’Italia si piazza al di sotto della media europea, con un misero 5,7kg di rifiuti elettronici per abitante raccolti, posizionandosi tra la Slovenia (5,8kg) e la Spagna (5,4kg).
Di questi rifiuti raccolti nel 2016, più della metà (il 55,6%) proviene dai grandi elettrodomestici. Ai quali seguono le apparecchiature informatiche e di telecomunicazione (14,8%), apparecchiature elettroniche di consumo (13,5%) e piccoli elettrodomestici (9,0%). Il restante 7,2% comprende utensili elettrici, illuminazione, giocattoli e attrezzature sportive.
Ad oggi tuttavia è ancora molta l’immondizia di questo genere che finisce dispersa nelle discariche comuni o nell’ambiente e ciò rende necessario un maggiore impegno da parte di tutti gli Stati membri al fine di recuperare quanti più rifiuti elettronici possibili, evitando che questi vadano ad inquinare i suoli, l’aria e le acque del nostro continente.