Bruxelles – Theresa May aveva promesso ai cittadini britannici che avrebbero ripreso in mano il controllo del loro futuro. Almeno per il futuro prossimo non sarà così. I leader del 27 paesi dell’Unione europea riuniti giovedì sera nel Consiglio europeo hanno respinto la richiesta della premier britannica di un’estensione della data della Brexit al 30 giugno, ed hanno imposto le loro condizioni.
Un’estensione ci sarà, ma, come ha spiegato il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, sarà “divisa in due scenari”.
Il primo è che se il Parlamento britannico la prossima settimana approverà l’accordo che ha già respinto due volte, la data di uscita sarà fissata al 22 maggio, il giorno prima della sessione delle prossime elezioni europee, che si svolgeranno tra il 23 e il 26 maggio. Al governo britannico serve qualche settimana dopo l’eventuale approvazione dell’accordo per aggiornare la legislazione interna. Per facilitare questo percorso il Consiglio ha acconsentito alla richiesta di May di approvare, per rafforzarne il valore legale, gli accordi firmati dalla premier e dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker l’11 marzo a Strasburgo.
Se invece Westminster non approverà l’accordo, l’UE darà tempo fino al 12 aprile prossimo al Regno Unito perché, prima di quel giorno, dica come intende procedere. La data è legata all’ultimo giorno utile per Londra per convocare le elezioni europee. “E’ la data chiave – ha spiegato Tusk – per decidere se tenere le elezioni, altrimenti un lungo rinvio della data di uscita sarà impossibile”.
Prima del 12 aprile, se l’accordo non sarà stato approvato, l’Unione europea si aspetta che da Londra arrivino indicazioni o per una lunga proroga “o per una revoca dell’articolo 50 (lo strumento con il quale si è avviata la Brexit, ndr)” , ha detto Tusk al termine di circa sette ore di riunione sul tema.
In realtà, dunque gli scenari sono tre, perché c’è anche quello di una proroga “lunga” nel caso che Londra decida di tenere le prossime elezioni europee. A chi gli chiedeva cosa si intendesse per una proroga lunga, per quanto tempo sarebbe concessa, Juncker ha risposto “fino alla fine”.
Juncker ha ribadito la sua speranza che il parlamento approvi l’accordo (che naturalmente non potrà essere riaperto, è stato confermato questa sera), “ma siamo comunque pronti a tutte le eventualità, anche al no-deal, per fronteggiare il quale abbiamo avviato 19 procedure legislative”. Il presidente della Commissione ha scelto di mostrare insofferenza verso gli amici britannici, “ora dobbiamo guardare al futuro, il tempo stringe non solo su Brexit ma anche su altre questioni, non possiamo stra qui ad aspettare la Brexit, dobbiamo discutere dei rapporti con la Cina, di industria, di competitività… dobbiamo mantenere il ritmo delle 350 proposte legislative esaminati fino ad oggi”.