Viviamo in un’epoca in cui tutto viene sottoposto a misurazione: dall’albergo, al ristorante, al servizio pubblico, dal rendimento scolastico a quello professionale, fino alla qualità di università e aziende, tutto ormai viene giudicato in stelle, punteggi, “like”.
Ma siamo sicuri che questa misurazione sia attendibile? Quel che accade sempre più spesso è che l’illusione di giudicare scientificamente attraverso la misurazione in realtà diventa un processo assolutamente arbitrario. Un esempio fra tanti, la pratica ormai corrente di chiedere agli studenti di giudicare un’università o un corso di studi. Una misurazione che non può essere scientifica perché esposta a mille variabili di carattere emotivo e personale. Allo stesso modo, misurare un’università sulla base del numero di suoi studenti che trova rapidamente lavoro è un esercizio totalmente arbitrario perché anche questo risultato è esposto a molti altri elementi. Sempre più frequenti sono i concorsi di selezione per accedere a una facoltà universitaria subordinati al superamento di un cosiddetto test di capacità logica cui alla fine i candidati si esercitano su libri appositi, che creano una competenza specifica avulsa dalle loro capacità effettive.
Con il possibile risultato che un perfetto idiota acceda a studi di medicina. In passato la prova più importante in concorsi e selezioni era quella scritta, svolta prima di quella tecnica, che testava le capacità di giudizio del candidato, il suo modo di sviluppare un ragionamento. Oggi invece ci si affida a questi strumenti considerati più oggettivi ma che invece presentano la grande debolezza di voler misurare l’incommensurabile.
Molto di questa illusione di poter misurare ogni cosa e quindi salvarci dal giudizio soggettivo deriva dalla perduta fiducia verso l’autorità. Un tempo il cittadino aveva fiducia nel merito acquisito da chi gli era gerarchicamente superiore. Ne riconosceva il valore. Oggi nell’illusione di poter abolire ogni gerarchia e praticare il governo del popolo, si è diffuso un generale sospetto nei confronti di chi detiene qualsiasi forma di potere e di conseguenza ci si affida a misurazioni credute inoppugnabili. Di questo fenomeno fa parte anche la rivalsa di quei politici che si oppongono a figure istituzionali o altri attori accusandoli di “non essere stati eletti” da nessuno. Come se la professionalità e le capacità di un individuo potessero essere sancite da un voto. Come se i “like” su una pagina Facebook rendessero una persona immediatamente competente in una determinata materia.
La moderna ossessione per la misurazione viene anche da una visione infantile della storia spinge a credere che essa sia necessariamente orientata verso il meglio, il progresso dell’umanità. Così si sente il bisogno di misurarlo questo progresso e siccome la prima cosa misurabile siamo noi, ecco che si arriva ad una specie di misurazione del sé, perfino attraverso applicazioni che misurano la performance fisica, il numero di chilometri camminati, di calorie bruciate, di produttività, di benessere fisico, di “obiettivi” raggiunti.
Questo abuso della misurazione ha finito per creare un sistema di valutazione completamente distaccato dal vero valore di un individuo. È la tirannide del punteggio che vuole dare un voto a tutto e con quel voto spegne la più preziosa bussola del vivere umano: la capacità di giudizio basata su ragione ed esperienza.