Bruxelles – Un tesserino, forse verde o anche giallo o di un qualsiasi colore, potrebbe essere la soluzione dei problemi per i quasi 5 milioni di cittadini direttamente travolti dalla Brexit: i circa 3,6 milioni di “continentali” che vivono nel Regno Unito e i circa 1,2 milioni di britannici che vivono in un altro Paese dell’UE.
Si tratterebbe di un documento ufficiale che attesta che il cittadino si è stabilmente stabilito (se britannico) in un Paese tra i 27 che resteranno nell’Unione, o nel Regno unito (se dei 27), prima della data di separazione, semplificando così la vita a loro ed alle autorità degli Stati membri. Perché deal o, ancor peggio, no deal, molte questioni restano sospese, in un “limbo” per queste persone. Ad esempio un britannico che ha un cane e vive in Spagna, nella migliore delle ipotesi potrà continuare a vivere tranquillamente nella Penisola iberica, ma se decidesse di andare in auto fino a Londra o a Varsavia, dovrebbe un via libera veterinario in ogni Paese che attraversa, in quanto non esisterebbe più una regola “europea” per la gestione del suo cane. Così come avrebbe difficoltà a far valere i propri diritti in un Paese diverso da quello di residenza al momento della Brexit.
“Sarebbe una prova dello status personale, che garantirebbe i diritti di cinque milioni di cittadini, è una questione di giustizia, di correttezza”, spiega Roger Casale, ex deputato laburista britannico che da vent’anni vive vicino Firenze ed ora è il leader dell’associazione New Europeans. Lo ha detto oggi parlando davanti alla commissione Affari Costituzionali del Parlamento europeo, che lo ha voluto in audizione proprio per spiegare questa sua proposta, che ha già avuto riconoscimenti importanti, come da parte del presidente francese Emmanuel Macron.
La “Carta verde” dovrebbe essere emessa dalla autorità europee, forse proprio dalla Commissione, sostiene Casale e proteggerebbe in sostanza la libertà di movimento di questi cittadini europei. “Funzionerebbe a prescindere dal fatto che la separazione sia con accordo o senza – spiega l’ex parlamentare -, e i diritti dimostrati dalla Carta durerebbero tutta la vita”. E servirebbe anche “psicologicamente” ad aiutare questi cittadini a non sentirsi un po’ di “serie B”.
Ora la macchina è stata messa in moto, “in Commissione europea hanno mostrato interesse, e così anche il governo britannico”, ha raccontato Casale, che ha sollevato anche l’interesse dei parlamentari presenti. Lui spera, lo ha detto, “in una risoluzione del Parlamento, che sarebbe in linea e coerente con quella approvata nel dicembre 2017 nella quel si chiede di tutelare i diritti dei cittadini dopo la Brexit”. Forse però ora non c’è più tempo, mancano solo poche settimane di lavoro alla chiusura della legislatura e dunque la presidente della commissione, Danuta Hubner, ha detto che “dovremo lasciare la proposta in eredità al prossimo Parlamento. Però l’idea è buona, anche se non perfetta, e di sicuro la inviteremo di nuovo qui per un approfondimento”.