Bruxelles – Il mercato dei prodotti organici è un settore in forte crescita in Europa. I terreni agricoli usati per la coltivazione di questi alimenti sono cresciuti nel periodo compreso tra il 2012 ed il 2016 del 33%, passando da 9,1 milioni di ettari a 12 milioni. Un aumento cui segue un +69% nelle vendite, passate nello stesso arco di tempo da 18,1 miliardi di euro a 30,7 miliardi.
Proprio per questi motivi l’attenzione da parte dell’Unione Europea nei confronti di questi prodotti è aumentata, e la Corte dei Conti Europea ha rilasciato un secondo report, dopo quello del 2012, riguardo i progressi compiuti in materia di sicurezza e affidabilità delle coltivazioni biologiche, ed i punti deboli su cui ci si dovrebbe concentrare per assicurare ai cittadini europei la possibilità di acquistare alimenti con marchio di qualità garantito. Simbolo che attesta la provenienza da coltivazioni biologiche di almeno il 95% degli ingredienti presenti nel cibo processato.
Per essere sicuri dell’origine della merce, la Commissione Europea istituì già nel 2004 uno strumento chiamato TRACES (TRAde Control and Expert System) per il monitoraggio del cibo e dei mangimi importati in Europa, cui venne affiancato nell’ottobre del 2017 il Certificato d’ispezione (COI). Lo scopo del TRACES-COI è di migliorare la tracciabilità dei prodotti biologici e fornire dati più comprensibili e affidabili sulle loro importazioni. Con questi strumenti è infatti possibile risalire a tutta la filiera degli alimenti acquistati, dal negozio all’agricoltore, e gli effetti sulla produzione sono stati più che evidenti: al 2018 la percentuale dei prodotti per cui la tracciabilità è totale arriva al 71% rispetto al 38% del 2012 per i paesi membri dell’UE, mentre cala leggermente sulle importazioni da paesi al di fuori del mercato europeo, passando dal 62% al 58%.
I problemi sulla tracciabilità nella maggior parte dei casi provengono dalla stessa complessità della catena di approvvigionamento o dalla non presenza di un singolo database per gli Stati dell’Unione che armonizzi questo processo, da cui deriva anche la mancanza di coordinazione tra le autorità competenti a questo lavoro nei diversi paesi membri, ai quali rimane l’incarico di creare degli organismi competenti in materia di revisione degli articoli.
In più di qualche occasione tracciare il prodotto alla sua origine ha richiesto anche più di tre mesi, cosa che rende alquanto difficile la capacità di agire rapidamente nei confronti dei fornitori della merce nei casi in cui questi dovessero vendere alimenti non in linea con le norme istituite dall’Unione Europea.
Perciò, la Corte dei Conti raccomanda alla Commissione di: chiudere le falle ancora presenti nel sistema di controllo degli Stati Membri; migliorare il controllo sulle importazioni, soprattutto attraverso una maggiore cooperazione con gli organi accreditati da altri Stati fuori dall’Unione; ed eseguendo controlli sempre più frequenti e puntigliosi sui cibi biologici.
Cosa che dovrebbe accadere a partire dal 2021 con l’entrata in vigore del nuovo regolamento (EU) 2018/848 relativo alla “produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici”. Queste nuove norme garantirebbero il raggiungimento tra il 2021 ed il 2023 di un regime in cui i tempi di organizzazione di eventuali supervisioni da parte della Corte diminuiranno grazie al fatto che la Commissione non dovrà più valutare l’equivalenza degli standard di produzione biologica e del sistema di controllo dell’organismo predisposto alle verifiche.