Bruxelles – Vengono chiamate ufficialmente “giurisdizioni non cooperative a fini fiscali”, ma nella pratica sono i paradisi fiscali. Territori extra-europei che l’Europa ha messo nel mirino da tempo, perché mettere lì capitali vuol dire mancati introiti. L’UE ha cercato di aggiornare la lista nera che esiste dal 2017, e l’Ecofin ha trovato una quadratura del cerchio.
Alla mini-lista di giurisdizioni non collaborative composta da Samoa Americane, Isole vergini americane, Guam, Samoa, Trinidad e Tobago, i ministri economici aggiungono pure Aruba, Barbados, Belize, Bermuda, Dominica, isole Fiji, isole Marshal, Oman, Emirati Arabi, Vanuatu. La lista dei cattivi in sostanza si amplia.
L’Italia fino all’ultimo ha cercato di tenere fuori gli Emirati Arabi. La riserva tricolore avrebbe significato veto e l’impossibilità di andare avanti, nonché scontro con il resto dei Paesi europei. Alla fine passa ‘l’emendamento Tria’: il ministro dell’Economia italiano ha chiesto e ottenuto di mettere per iscritto che se i Paesi si mettono in regola nel corso dell’anno possono essere depennati subito dalla lista, senza dover attendere l’inizio dell’anno successivo.
Nelle conclusioni tutti riconoscono che gli Emirati Arabi Uniti “facilitano strutture e accordi offshore volti ad attrarre profitti senza una vera sostanza economica e non hanno ancora risolto questo problema”. Quindi il commissario per gli Affari economici, Pierre Moscovici, precisa che il problema con gli Emirati è che “sono stati lenti e hanno un processo legislativo molto lento”. In linea generale “si stanno muovendo nella direzione giusta, ma dobbiamo avere la certezza che il processo legislativo arrivi alla fine”.
Si fa pressione, dunque. E l’Italia ottiene che si possa depennare immediatamente, non appena possibile. “Tria ha proposto un emendamento, cui nessuno si è opposto”, spiega Moscovici.