Bruxelles – L’Italia ha invertito il percorso virtuoso eppur costoso della riduzione delle procedure d’infrazione. Nell’ultimo anno il numero delle contestazioni aperte con Bruxelles è passato da 61 a 73, praticamente il Paese si è visto avviare una nuova procedura al mese. Non buone notizie, visto che se non si riesce a chiuderle il prezzo da pagare può essere alto.
Finora l’Italia ha pagato qualcosa come 587 milioni di euro di multe per le discariche irregolari (204 milioni), gestione dei rifiuti in Campania (151 milioni), mancato recupero di aiuti di Stato a Venezia e Chioggia (102 milioni), irregolarità in materia di contratto di lavoro (78 milioni) e gestione irregolare delle acque di scarico (52 milioni).
Le decisioni della Commissione non sono altro che l’ultimo passo di un percorso che per l’Italia si sta facendo sempre più in salita. Alle procedure già aperte che non si riesce a chiudere, se ne aggiungono di nuove. E il tasso di archiviazione – perché qualcosa si chiude, comunque – è minore a quello delle messe in more e alle denuncia alla Corte di giustizia dell’UE.
I numeri sono lì a dimostrarlo: in quest’ultimo pacchetto di decisioni si contano due archiviazioni, a fronte di tre messe in mora (ossia apertura di nuove procedure d’infrazione), due deferimenti e quattro aggravamenti .
L’UE porta il Paese davanti alla giustizia per le troppe emissioni di ossidi di azoto (NO2). L’aria di città continua a essere davvero irrespirabile, nonostante i richiami e gli avvisi. L’UE rimette ai giudici anche la questione delle acque di scarico: ci sono un totale 758 agglomerati e 32 aree non a norma tra Abruzzo (18), Basilicata (40), Calabria (129), Campania (108), Friuli Venezia Giulia (7), Lazio (4), Liguria (6), Lombardia (119), Marche (49), Piemonte (1), Puglia (27), Sardegna (41), Sicilia (176), Toscana (34), Umbria (5), Valle d’Aosta (1), Veneto (26) e provincia autonoma di Trento (1).
I problemi strutturali del Paese sono qui, nelle questioni ambientali e in quelle relative a mercato e concorrenza. E’ in questi ambiti che si registrano procedure d’infrazioni sistematiche, e dunque sistemiche.
In chiave squisitamente nazionale spiccano oggi due decisioni della Commissione. La prima è l’invio di un parere motivato sulle qualifiche professionali. Si riscontra in Italia una barriera alla libera circolazione dei servizi (infermieristica, farmacia, fisioterapia, guide alpine, avvocatura e agenti immobiliari) per effetto di una legislazione nazionale ritenuta discriminatoria perché ad esclusivo vantaggio italiano. Quando “prima gli italiani” non paga.
Infine la Commissione contesta all’Italia il non corretto recepimento della direttiva anti-riciclaggio e finanziamento del terrorismo. Problemi procedurali, sembra. Indossare giacche della Polizia non basta per garantire sicurezza.
Secondo Eleonora Evi, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, “Ii deferimento della Commissione europea per il continuo sforamento dei limiti di legge fissati per NO2 dimostra che non è stato fatto abbastanza contro il traffico stradale, che è il principale responsabile di queste emissioni rilasciate soprattutto dai veicoli diesel. Una grave responsabilità per questa situazione sta in capo proprio alla Commissione europea che non ha fatto abbastanza subito dopo lo scandalo Dieselgate”. Ma il TAV secondo Evi non si deve comunque fare.