Bruxelles – Se il 12 marzo il Parlamento britannico boccerà nuovamente l’accordo per la Brexit e il 13 chiederà di non lasciare l’UE finché non ci sia un nuovo accordo, la premier Theresa May si impegna a sottoporre al voto dei deputati la richiesta a Bruxelles per estendere i negoziati di separazione previsti dall’articolo 50 del Trattato UE.
Lo ha annunciato la prima ministra parlando oggi alla Camera dei Comuni, compiendo un significativo passo indietro rispetto alle posizioni da lei ribadite per mesi, fino a ieri mattina, contro un’estensione del termine dei negoziati e sulla possibilità di lasciare l’Unione anche senza un accordo. La premier lascia il passo al Parlamento, ma, ha avvertito i deputati, “questa Camera deve deve inviare un chiaro messaggio che c’è una stabile maggioranza a favore del lasciare l’Unione europea con un accordo”.
Il governo presenta dunque una mozione, che sarà discussa domani, visto che, ha detto May, “vari membri di questa Camera sono sinceramente preoccupati che il tempo stia finendo” e che se non ci sarà un voto definitivo o se il governo lo perderà, “il Parlamento non avrà il tempo di far sentire la propria voce sui prossimi passi”. La premier ha detto anche di comprendere le “profonde preoccupazioni per l’effetto dell’attuale incertezza sulle imprese”.
Dunque oggi la capa del governo ha preso tre impegni. “In primo luogo, terremo un secondo voto significativo entro martedì 12 marzo al più tardi”, ha confermato. In secondo luogo, “se il governo sarà battuto, presenterà una mozione da votare al più tardi mercoledì 13, per chiedere all’Assemblea se sostiene la strada di lasciare l’UE senza un accordo sulla separazione e un quadro sulle relazioni future dopo il 29 marzo”.
Con questa procedura, ha scandito May, “il 29 marzo il Regno Unito lascerà l’UE senza un accordo solo se ci sarà un consenso esplicito in quest’Aula in questo senso”.
In terzo luogo, se l’Assemblea, avrà respinto l’accordo negoziato con l’UE e avrà rifiutato una Brexit il 29 marzo senza un accordo negoziato con l’UE, “il governo – ha annunciato May – il 14 marzo presenterà una mozione per verificare se il Parlamento voglia una breve estensione limitata all’articolo 50, e se l’Assemblea voterà per un’estensione, cercherà di concordarla con l’UE e svilupperà la legislazione necessaria per modificare la data di uscita in base a tale estensione”.
May stessa sottolinea che “questi impegni che prendo come primo ministro, corrispondono tutti alla scala temporale” indicata nell’emendamento di Yvette Cooper, che chiede un voto che impedisca un’uscita senza accordo. Ribadisce però che “vorrei essere chiara, io non voglio un’estensione dell’articolo 50. Il nostro obiettivo assoluto deve essere quello di lavorare per ottenere un accordo e uscire dall’UE il 29 marzo”.
La premier poi mette in guardia i deputati: “un’estensione oltre la fine di giugno significherebbe che il Regno Unito dovrebbe partecipare alle elezioni del Parlamento europeo. Che tipo di messaggio manderemmo agli oltre 17 milioni di persone che hanno votato per lasciare l’UE quasi tre anni fa?”. Ed insiste: “l’Assemblea dovrebbe essere chiara sul fatto che una breve estensione, non oltre la fine di giugno, dovrebbe quasi certamente essere una tantum. Se non parteciperemo alle elezioni del Parlamento europeo, sarebbe estremamente difficile estenderlo nuovamente, creando una situazione ancora più complicata nel giro di pochi mesi”.
May, il cui obiettivo è far approvare il 12 marzo l’accordo sottoscritto con l’Ue e rigettato dai deputati a gennaio, accompagnato da “cambi legalmente vincolanti sul backstop” cui sta lavorando con Bruxelles, ha insistito sul fatto che “un’estensione non togliere dal tavolo il no deal. L’unico modo per farlo è revocare l’articolo 50, cosa che non farò, o concordare un accordo”.
Nel dibattito successivo al discorso della premier è intervenuto Hilary Benn, il presidente( Labour) del Comitato Brexit, chiedendo a May per cosa vorrebbe utilizzare il tempo di un’eventuale estensione dell’articolo 50. La capa del governo non ha risposto, come ha fatto con molte domande oggi, ribadendo solo che se i deputati non vogliono il no dea “devono votare per l’accordo”.