Roma – “Con il nuovo gruppo a cui stiamo lavorando, puntiamo a essere ago della bilancia: il nostro obiettivo è impedire che PPE e PSE raggiungano la maggioranza”. Il capo politico dei Cinquestelle, Luigi Di Maio mette a fuoco la strategia futura dopo un voto che in Sardegna ha messo in chiaro le grandi difficoltà di un movimento nelle consultazioni locali. Passando per le elezioni in Basilicata il mese prossimo, l’appuntamento più importante con le urne è quello delle europee, dove il voto “d’opinione” potrebbe far risalire i consensi.
“Non si facciano paragoni con le elezioni politiche del marzo scorso”, ha chiarito Di Maio, respingendo categoricamente l’analisi di una sonora sconfitta, nonostante il passaggio dal 42% delle elezioni politiche a poco meno del 10 % nelle regionali sarde. “Soli contro tutti, noi gli unici a non fare alleanze”, è la spiegazione fornita per il risultato molto modesto. C’è poi l’ammissione di un radicamento territoriale molto debole, su cui il leader del M5S promette un cambio di passo, annunciando per il futuro, un’organizzazione più simile ai partiti tradizionali. Ma sulla perdita così repentina di elettori, ovvero dietro a un consenso “a fisarmonica” a cui ci hanno abituato gli elettori di Grillo, c’è pure una grande questione di collocazione politica. Con le elezioni europee alle porte, il tema è suggerito dalle analisi dell’Istituto di ricerca Cattaneo. Sui flussi di voto messi al microscopio per le ultime elezioni regionali (il focus è stato fatto solo per le due grandi città, Cagliari e Sassari) lo scarto è stato scomposto verso il centrosinistra guidato da Massimo Zedda e verso i vincitori del centrodestra a trazione leghista con il neopresidente Christian Solinas. Se solo un elettore su quattro ha confermato la sua preferenza verso il M5S, a beneficiare in prevalenza dello spostamento dei delusi è il centrodestra. Se si guarda ai dati con un “occhio nazionale”, si capisce che la maggioranza di governo risulta integra, semmai con un rovesciamento dei rapporti di forza.
Sul voto di Bruxelles, l’opzione ‘ago della bilancia’, potrebbe pendere ancora verso il fronte sovranista, nonostante gli europarlamentari del Movimento in questi cinque anni abbiano dimostrato che l’adesione al gruppo EFDD, sia stata solo tecnica. E’ ancora l’istituto Cattaneo a mettere in luce che i Cinquestelle a Bruxelles hanno votato solo per il 51 per cento delle volte in accordo con la linea politica del gruppo di Farage. Poca sintonia anche con i principali partiti euroscettici e sovranisti come Lega e FN, mentre il grande paradosso è una maggiore condivisione con le formazioni più europeiste: Greens, socialisti, ALDE e a sinistra perfino verso il gruppo della Gauche unitaire. Affinità che sono emerse, per fare un esempio, sulle votazioni riguardanti le libertà civili, i diritti e i temi dedicati ai problemi dell’immigrazione.
In questo quadro il grande interrogativo è rappresentato da quali saranno le scelte di adesione per la prossima legislatura. Per ora la ricerca di alleati non ha dato i risultati sperati, e anzi ha fatto compiere al M5S il passo falso dell’aggancio con i Gilet gialli, suggerito da Roma. Anche nelle ultime settimane, pur escludendo ogni alleanza con la Lega, l’ambiguità non è stata sciolta e la stessa piattaforma che emerge dal manifesto presentato da Di Maio non fa luce sui loro compagni di viaggio del prossimo Parlamento Europeo.