Bruxelles – La mezzanotte del 29 marzo, il momento della Brexit, si avvicina a grandi passi, e le acque si agitano sempre più. Le iniziative nel Parlamento britannico non si contano, nascono sempre più gruppi incrociati tra deputati conservatori, laburisti, remainers, leavers, insoddisfatti della linea dei loro partiti che si uniscono su programmi che hanno in comune una cosa: evitare il disastro di un’uscita senza accordo.
Lo strumento sul quale cresce il consenso è un rinvio della data di uscita. Prendere tempo insomma, per mettere insieme una maggioranza su un accordo che eviti una rottura senza regole.
Questa scelta però metterebbe pesantemente in discussione l’autorità della premier Theresa May, che ha ribadito centinaia di volte che di rinviare la Brexit non se ne parla neppure. Da parte europea la posizione è che sì, una proroga breve è possibile, ma deve essere chiesta sulla base di un motivo reale: ad esempio la formazione di una volontà maggioritaria in Parlamento su una nuova proposta di accordo, o la convocazione di elezioni, o di un referendum. Al momento nessuna di queste possibilità ha una base reale, e dunque sarebbe difficile per l’UE acconsentire ad una eventuale domanda di proroga.
C’è però chi sostiene che a Bruxelles non ci si vuole assumere il ruolo di decidere la “cacciata” del Regno Unito senza un accordo, quando da Londra arriva una richiesta di negoziare ancora, benché si sia ripetuto che quello che il Parlamento ha bocciato a gennaio non è modificabile. E’ anche vero che in caso di prolungamento dell’articolo 50 in quel periodo potrebbe succedere di tutto, anche un referendum che riproponga la questione dell’uscita dall’Unione.
Dunque si è creato un gruppo, che per ora ha 11 deputati (cosa che lo pone al terzo posto, alla pari con i Liberali, nella classifica dei gruppi parlamentari) composto di remainers laburisti e conservatori i cui membri dissentono dalla gestione dei leader Tories e Labour di questa crisi, mentre tra i conservatori oggi è stato annunciato che c’è un gruppo di almeno 30 deputati, remainers e leavers, pronto a votare contro il governo per sostenere una proroga.
Intanto May continua a trattare con il leader dell’UE, cercando di trovare una base che possa rendere legalmente vincolante la “dichiarazione politica” che accompagna l’accordo, nella quale c’è qualche chiarimento in più sulla non volontà di usare il backstop per il confine irlandese. Questo fine settimana li incontrerà in Egitto, al vertice tra Unione europea e Lega Araba, dopo aver già visto Jean-Claude Juncker a Bruxelles questa settimana.
Mentre a Bruxelles si continuano a prendere misure d’emergenza per il caso del no deal (oggi è stato il turno delle norme sulla sicurezza aerea) il tempo scorre e la confusione, apparentemente, aumenta, anche perché più il Parlamento si divide al suo interno più sarà difficile per la premier far accettare a una qualche maggioranza una qualsiasi nuova intesa che dovesse raggiungere con Bruxelles.