È noto a tutti l’adagio sul mezzo bicchiere che l’ottimista definisce mezzo pieno e il pessimista mezzo vuoto. Questo rapporto tra vuoto e pieno, tra ciò che c’è e ciò che ci manca è anche una chiave di lettura possibile per gli atteggiamenti e i metodi di quei movimenti che, tra populismo e antipolitica, stanno prendendo piede in Europa. L’Italia, raramente leader nel campo delle innovazioni – almeno tecnologiche o sociali – sembra essere la locomotiva indiscussa o, almeno, il laboratorio più avanzato di questa nuova frontiera della politica.
La nemmeno troppo lunga gestazione del malessere antisistema ha partorito un metodo di azione basato sulla costante critica del passato, lontano o recente che sia; tutti gli errori sono di ieri, o di ieri l’altro, nulla è recuperabile, nessuno è compatibile per patti o alleanze (anche se poi i numeri impongono almeno “contratti”), le istituzioni possono essere demolite assieme agli uomini che le hanno mal servite o mal rappresentate. In pratica, si sta svuotando il sistema: si toglie, si elimina, si cancella, si caccia via. Il bicchiere si fa mezzo vuoto.
Anche il metodo di confronto risponde a questa logica: ci stiamo abituando a trovare sempre nei difetti dell’avversario la giustificazione di quelli del suo antagonista: sui social media italiani, la risposta più ricorrente è “e allora il PD?”, assurta a tormentone dialettico e ormai utilizzata spessissimo anche fuori contesto. Giustificare un difetto di un ministro con il difetto del ministro precedente è un’azione di svuotamento, un togliere, una sottrazione; sottraendo, togliendo, svuotando, sarà impossibile crescere, migliorare: il bicchiere sarà sempre più vuoto; la qualità pretesa sempre più scarsa; il “minimo sindacale” necessario per rivestire un ruolo o assumere una carica, quasi inesistente se non addirittura rovesciato per cui non avere una laurea è meglio che averla. L’attenzione del cittadino non è più chiamata a giudicare la qualità di chi sta operando, ma solo a giustificarne ogni errore, anche macroscopico, con gli errori precedenti.
Qui si risolve il nodo gordiano dei movimenti antipolitici e neopopulisti: l’incapacità culturale per comprendere che è distruttivo stabilire il livello di qualità politica in base agli errori commessi (o che si presume siano stati commessi) da chi li ha preceduti: essa provoca una corsa al ribasso che degenera sistematicamente tanto l’azione di governo quanto quella di opposizione. L’incapacità di riempire adeguatamente gli spazi che si svuotano, la mancanza di un’azione politica positiva, sommatoria e non sottrattiva, ne sono le maggiori evidenze.
In realtà, tra l’euforia dell’ottimista e l’abbrutimento del pessimista, la vera via d’uscita è quella di chi guarda al futuro: per lui il problema non è se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto, il problema è come riempire il bicchiere.