Roma – Il 28 aprile per la terza volta in quattro anni, gli spagnoli torneranno alle urne, dopo la decisione di scioglimento delle Cortes da parte del premier Pedro Sanchez. Un esito scontato dopo la bocciatura della finanziaria da parte dei partiti indipendentisti catalani Esquerra Republicana e PDeCAT, che sostenevano dall’esterno l’esecutivo minoritario socialista. Una decisione provocata dal rifiuto dello stesso Sanchez di negoziare il diritto all’autodeterminazione, se non nell’ambito della Costituzione spagnola. “Quando alcuni partiti bloccano l’assunzione di decisioni, bisogna convocare le elezioni”, ha spiegato il premier socialista dopo il Consiglio dei ministri.
Una rottura consumata anche dopo la manifestazione delle destre che hanno accusato Sanchez di voler cedere alle richieste indipendentiste. Dal fronte catalano è salita nuovamente la tensione anche in coincidenza dell’avvio del processo a Madrid contro i responsabili del tentativo di secessione nel 2017. Per il sostegno al governo “non abbiamo mai chiesto niente in cambio, solo il dialogo”, fanno sapere dai vertici dell’Esquerra Republicana, ma Sanchez “non mai fatto nulla per giungere a un accordo, se non fare pressioni e minacciare elezioni. Ma se c’è una cosa che noi catalani non temiamo è votare liberamente”.
Secondo la media dei sondaggi pubblicata da quotidiano El Mundo, il partito socialista sarebbe in crescita e in vantaggio, ma anche con l’appoggio della sinistra di Podemos sarebbe al di sotto della maggioranza di 176 seggi. Una condizione che avrebbe convinto il leader del PSOE a rompere gli indugi ed evocare il pericolo di un ritorno delle destre conservatrici e anti- autonomiste. L’avanzata della formazione Vox, considerata neofascista e già al governo in Andalusia con i Popolari e Ciudadanos, non sarebbe certo una buona notizia per i catalani, messi al bivio tra radicalizzazione e voto utile. Replicando ai suoi ex alleati, il primo ministro dimissionario ha difeso la scelta, accusandoli di aver bocciato la finanziaria “più sociale” degli ultimi dieci anni. Poi ha assicurato che gli impegni assunti, “per rivalutare le pensioni, aumentare il salario minimo e dei dipendenti pubblici, saranno garantiti”.
Lo showdown elettorale in Spagna, poco più di un mese prima delle elezioni europee, avrà inevitabilmente contraccolpi proprio sui nuovi equilibri a Bruxelles, dove si gioca una partita più ampia tra nazional-sovranisti ed europeisti. Il ritorno dei conservatori alla Moncloa sarebbe condizionato dall’ultradestra e potrebbe provocare una sorta di effetto domino sulle europee, specie nei paesi (come l’Italia) che dove già si prevede una crescita delle formazioni sovraniste.
Sul doppio fronte, spagnolo ed europeo, si colloca il partito di centro Ciudadanos che, con i popolari del giovane leader Pablo Casado condivide una direzione conservatrice, mentre con i socialisti il forte profilo filoeuropeista. Non sfugge il dettaglio che il partito di Albert Rivera fuori dai confini guardi all’esperienza di En Marche di Macron e abbia scelto l’ex premier socialista francese Manuel Valls come candidato sindaco di Barcellona. Si vedrà nelle prossime settimane se questo e altri indizi porteranno a una scelta di campo definita.