Bruxelles – Pronti al dialogo e anche alle alleanze, ma pronti a imporre condizioni. L’apporto dei Verdi europei nella grande coalizione che si profila all’orizzonte nel prossimo Parlamento europeo sarà verosimilmente necessario, e la formazione è decisa a dare una diversa impronta alla linea politica dell’istituzione. Il co-presidente del gruppo, Philippe Lamberts, manda un messaggio chiaro agli interlocutori degli altri schieramenti: i Greens vogliono imporsi nel processo decisionale e costringere soprattutto i popolari ad abbandonare tutta una serie di posizioni tenute fin qui.
“Se guardo al prossimo Parlamento, vedo un posto dove probabilmente i verdi avranno una diversa influenza”, dice in occasione del tradizionale ricevimento di inizio anno. “L’ascesa dei populisti ridurrà gli spazi delle forze pro-europee, e allo stesso questa avanzata ridurrà i margini dei partiti tradizionali, che avranno bisogno di noi”. A quel punto, “se avranno bisogno di noi, negozieremo più imposizioni, come hanno sempre fatto i social-democratici” del gruppo S&D.
Gli equilibri saranno tutti da trovare, e non sarà semplice. I liberali (ALDE) saranno sicuramente un altro soggetto da un rinnovato e maggiore peso specifico, complice anche la previsione di una riduzione dei social-democratici e dei popolari. Questi ultimi rischiano di uscire dal voto di maggio fortemente ridimensionati, e allora liberali e Verdi saranno i nuovi aghi della bilancia. Ma i Verdi avvertono i popolari (Ppe).
“Se ho visioni critiche del gruppo S&D non pensate che il Ppe sia lo schieramento con cui avere a che fare”. Le distanze, in sostanza, restano. “Vogliono il voto segreto sulle spese del Parlamento”, denuncia Lamberts, tanto per far capire dove le intese non sono al momento possibile. “Sappiamo che dovremo trattare con questi gruppi, e saremo determinati”. Niente sconti, dunque.
Anche perché la grande alleanza pro-europea appare come inevitabile, sottolinea l’altra co-presidente del gruppo, Ska Keller. “C’è molto di cui essere preoccupati, specie per la crescita dei partiti di estrema destra”. Inutile negarlo: “Ci sono molti pericoli davanti a noi”. Si tratta, in senso più ampio “degli attacchi alla democrazia”. Ma i Verdi, rimarca Keller, sono un’alternativa. “Abbiamo visto che di fronte all’avanzata dell’estrema destra ci sono risposte”, dice riferendosi all’onda verde che ha scosso l’Europa nelle elezioni d’autunno, dove si è registrata l’ascesa dei partiti dei Verdi in Belgio, Germania e Lussemburgo.
Un fattore che non sembra aiutare il dialogo Ppe-Verdi è la figura di Manfred Weber, il candidato del Ppe alla guida della prossima Commissione europea. Per i Verdi non è assolutamente il miglior candidato possibile. Sven Giegold, membro della commissione Affari economici, tedesco come Weber, riconosce che “personalmente” non considera quello del Ppe il candidato migliore. “Ma è una persona aperta e incline al compromesso”, e questo è un elemento comunque sempre apprezzato all’interno della famiglia Verde.
Su Weber non ci si sbilancia. E’ una figura attorno alla quale potrebbe decidersi buona parte dell’eventuale grande coalizione. Si potrebbe mettere un veto sulla sua presidenza, o dare il via libera in cambio di altro. Cosa, i Verdi lo sveleranno quando sarà il momento.
Certo, servirà un cambio di passo reale sui temi più scottanti come l’immigrazione. “Se in Italia c’è la situazione politica che c’è è anche un po’ colpa nostra”, riconosce Tilly Metz, unica lussemburghese del gruppo dei Verdi. “Non aver aiutato l’Italia nella gestione del fenomeno migratorio è stato un errore”.