Nuovamente, con il caso della Sea Watch, torniamo a leggere sui Social la domanda: perché sempre e solo gli italiani devono farsi carico dell’accoglienza? Domanda politicamente necessaria, certo.
Con essa la gente – gente comune, anche persone non intrise d’odio o aprioristicamente schierate – avvia un percorso di graduale apprezzamento dell’azione del ministro Salvini che, con queste azioni, pone “finalmente” all’Europa una questione politica non di poco conto. Bloccando i migranti in mare – questo in sintesi il ragionamento – si dovrebbe provocare una soluzione politica al problema.
Queste stesse persone – come detto non prive di sentimento civile, di riferimenti etici – iniziano ad anteporre il problema politico a quello etico. Eticamente, una cosa giusta la si fa perché è giusta, non perché conviene – economicamente o politicamente. Allora la domanda da farsi, prima di ogni altra, è: agiamo secondo politica o secondo etica?
È un po’ il vecchio quesito post-machiavellico, se il fine giustifichi i mezzi. Uno dei tanti, in un post, poneva la questione in questi termini, semplificando invero di molto le ragioni del calo degli arrivi, che in gran parte non è “merito” di Salvini: risulta vero che gli sbarchi siano drasticamente diminuiti nella seconda metà del 2018, quindi la “cura” Salvini è efficace: pur non votandolo, debbo riconoscerlo. Ma costui non ha considerato se il mezzo con il quale il pur auspicabile risultato (se davvero auspicabile, poi, è altra discussione) è stato raggiunto, sia eticamente lecito.
Varcare questa soglia, sottoporre l’etica alla politica, ovvero all’utilità, non è solo pericoloso, ingiusto, è disumano. Imboccata questa strada, potremo torturare per avere confessioni, istituire tribunali speciali per difendere lo Stato, reintrodurre l’eugenetica per evitare sprechi nella sanità…
Forse sono due strade separate: nei casi come quello della Sea Watch, eticamente aiutiamo chi ha bisogno, politicamente andiamo a far “saltar il banco” a Bruxelles: non saranno le sofferenze di quarantasette poveri cristi che cambieranno le politiche europee sull’immigrazione: questi poveri disgraziati sono in mare, non a Bruxelles e non sono certo loro che “non ci aiutano”: loro hanno bisogno d’aiuto.
In realtà, quello che manca, prima ancora che la forza o la credibilità, è una concreta proposta politica che l’Italia gialloverde possa portare all’Europa, una proposta che non preservi il comodo paravento di un nemico esterno cui imputare tutto il male possibile, dalla neve di Amatrice alle formiche negli ospedali. Le statistiche sul rapporto tra presenze migratorie e popolazione residente parlano chiaro e non a favore delle tesi italiane. Possiamo bloccare tutti i porti che vogliamo, ma questa è una negazione etica, non una riposta politica al problema. Ma se continuiamo a nascondere la Luna dell’etica dietro il ditino della politica, facciamo torto a noi stessi, alla nostra integrità d’uomini.