Passano gli anni e la realizzazione del sogno federalista immaginato dai padri fondatori della Comunità europea sembra allontanarsi sempre più. Gli Stati Uniti d’Europa restano un obiettivo di lungo termine per un numero sempre più ristretto di politici visionari, di giovani sognatori, di accademici istituzionalisti e di intellettuali nostalgici. E’ vero che ancora oggi i cittadini chiedono più Europa: il 62 per cento crede che l’appartenenza all’Unione sia una cosa positiva e il 68 per cento ritiene che il proprio Paese ne tragga beneficio. Tuttavia, la stragrande maggioranza di loro non vuole grandi progetti politici ed istituzionali di difficile realizzazione, ma soltanto un’Europa diversa, più vicina, più efficiente e più solidale. Saranno le forze politiche che incarneranno meglio queste esigenze di differenziazione e di flessibilità e che sapranno comunicarla in maniera più efficace a ottenere più consensi alle prossime elezioni europee, che si prospettano più combattute del solito.
I nuovi assetti del Parlamento europeo
I partiti tradizionalmente europeisti perderanno probabilmente alcuni seggi al Parlamento europeo, con l’eccezione dell’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa (Alde) che sarà probabilmente rafforzato dai membri de La Republique En Marche del presidente francese Emmanuel Macron. I partiti euroscettici ed estremisti, di destra e di sinistra, sembrano destinati a crescere nei consensi, e questo aumenterà la frammentazione politica al Parlamento europeo, confermando un trend consolidato nelle ultime elezioni nazionali, da quelle presidenziali francesi dell’aprile 2017 a quelle svedesi del settembre 2018, passando per quelle italiane del marzo scorso.
Queste forze politiche restano divise su tutta una serie di questioni – come gestire il fenomeno migratorio, quali devono essere le priorità di politica estera e quale assetto dare alla governance economica dell’eurozona – e i loro toni minacciosi nei confronti dell’Europa si sono notevolmente attenuati. Sembra dunque che, qualunque sia il risultato delle urne, le consultazioni del prossimo maggio non metteranno a rischio la sopravvivenza dell’Unione.
Sopravvivenza Ue non a rischio, ma giorni agitati
Questo non significa che il progetto europeo vivrà giorni tranquilli. Le divergenze crescenti tra i governi dei Paesi membri, il nazionalismo che si sta gradualmente imponendo nel dibattito pubblico, il mancato rispetto di principi fondanti come la solidarietà e lo stato di diritto, la drammatica decisione della Gran Bretagna di abbandonare la casa comune dell’Unione ne hanno scardinato i due assunti cruciali della indivisibilità e della irreversibilità.
Bisogna dunque che in primis i decisori politici e gli esperti vengano a patti con questa nuova realtà e ne traggano le opportune considerazioni. Ciò non vuol dire riconsiderare il sostegno e l’impegno per la promozione di un’Europa sempre più stretta e per un processo di integrazione progressivo ed inclusivo. Ma spingersi ad adottare una visione più ampia e meno dogmatica sull’Unione, volta a sviluppare un modello fondato su modalità di integrazione e cooperazione flessibili nei diversi settori di policy.
Differenziazione e flessibilità
Un certo grado di differenziazione ha sempre fatto parte del processo di integrazione europeo sin dalle sue origini. L’area euro e lo spazio Schengen hanno ulteriormente consolidato questa tendenza attraverso progetti a lungo termine di integrazione differenziata tra gli Stati membri dell’Ue. Di recente, una Cooperazione strutturata permanente è stata avviata nel settore della difesa, consentendo a gruppi di Stati membri capaci e volenterosi di unire le forze attraverso accordi nuovi e flessibili.
Tuttavia, di fronte alle sfide interne e alle intemperie di un contesto internazionale sempre più instabile, questa flessibilità assume nel 2019 un significato diverso, esiziale. Abbandonati progetti altisonanti ed utopistici, la possibilità di aggregare le preferenze di alcuni Stati membri attorno a questioni fondamentali per i cittadini europei, dall’immigrazione alla sicurezza, alla gestione dell’economia, con l’obiettivo di trovare soluzioni di policy a beneficio di tutti diventa l’unico antidoto alla frammentazione e financo alla disintegrazione.
Vantaggi in molti settori
La differenziazione potrebbe offrire una soluzione per molti settori chiave all’interno dell’Unione, nei quali l’uniformità non è desiderabile o raggiungibile, nonché per la sua azione esterna, offrendo molteplici modelli di cooperazione tra l’Ue e Paesi candidati all’adesione, del vicinato o partner. L’idea di base è che la differenziazione non è solo necessaria, ma anche auspicabile, per affrontare le sfide attuali in modo più efficace, rendendo l’Unione più resiliente e reattiva nel suo rapporto con i cittadini. Ovviamente questo pone delle questioni importanti, che hanno a che fare con la compatibilità di un’integrazione flessibile con la preservazione dell’unità politica e giuridica dell’Unione. Occorre quindi trovare delle soluzioni istituzionali che rendano uno scenario di integrazione differenziata sostenibile in termini di governance e anche legittima dal punto di vista democratico.
La strada per la realizzazione di questa nuova architettura europea può cominciare nella cornice dei Trattati esistenti, ad esempio lanciando delle cooperazioni rafforzate, ma nel medio periodo richiederà una riforma dei Trattati stessi, come è stato fatto per l’Unione monetaria. Il raggiungimento di questi risultati risiede nelle mani dei Paesi membri, i quali si muoveranno rispettando le loro identità, calibrando i loro interessi e valutando gli incentivi. Serve però un lavoro di riflessione e di elaborazione a monte, che deve necessariamente coinvolgere attori istituzionali ed esperti del settore, ma anche fondarsi sulle preferenze dei cittadini, con una particolare attenzione ai giovani, al settore privato, alle diverse organizzazioni della società civile.
Il progetto pluriennale EU IDEA
E’ su questa linea che si muoverà anche il nostro Istituto, che da gennaio si pone alla testa di un consorzio di 15 partner europei ed extra-europei per la realizzazione di un ambizioso progetto pluriennale – EU IDEA – finanziato dalla Commissione europea sulle prospettive dell’integrazione differenziata. L’obiettivo è quello di offrire un’analisi accurata del contesto politico, istituzionale, giuridico e sociale dell’Unione, consolidare le reti esistenti e le migliori pratiche a livello europeo, sviluppare scenari e proporre idee che portino ad un cambiamento positivo per il processo di integrazione.
Accompagneremo dunque l’Unione in questo suo anno di passaggio e oltre, nella convinzione che la migliore ricetta per non tradire lo spirito dei padri fondatori non è quella di restare ancorati a modelli del passato, ma immaginarne di nuovi che sappiano rispondere alle esigenze del presente e assicurare la rilevanza dell’Europa nel mondo di domani.
Leggi l’intervento sul sito dell’Istituto Affari Internazionali.