Roma – L’Italia, Paese del G7 dove il wifi e l’adsl non arrivano. O forse sì, ma non funzionano. Il modello -2.0 sfonda nel gruppo dei grandi, anche se non è propriamente un merito. Si potrebbero anche fare nomi: Alice, Telecom, Vodafone, le amministrazioni locali. Ma sarebbe tutto inutile. Poco funziona, e come sempre in questi casi nessuno è mai responsabile perché non competente. E allora si accende un Pc nel territorio di un comune della provincia di Roma, sì la capitale, non certo un punto periferico, si accende il Pc si diceva, ci si collega alla rete wireless di casa per cui si paga ogni mese, oltretutto in modo automatico. Già, Telecom ha messo a pagamento la bolletta cartacea (2 euro a bolletta, se la si vuole ricevere via posta) e porta avanti la politica della bollette domiciliata in banca. Insomma, ogni mese si preleva dal conto per un servizio che però alla prova dei fatti non funziona.
Il Pc trova la rete, si collega, l’icona mostra un segnale non proprio al massimo dell’intensità, ma l’attacco alla rete c’è. Si avvia il browser e sorpresa, le pagine internet non vanno. Non si carica niente. Si aprono in automatico e in continuazione finestre di avviso che la connessione alla Adsl non c’è perché non attiva. Si chiama la Telecom, ci si sente dire che il problema è dovuto al modem, che va cambiato. Ma il modem luccica e risplende di lucine e lucette più degli alberi di Natale che solitamente di questo periodo allietano le case di tutti.
Si attendono tecnici che sono stati promessi da almeno 24 ore, ma i responsabili se ne riservano 48 per mandare qualcuno. Intanto è tutto fermo. Chi deve lavorare non può, a meno di utilizzare il proprio smartphone come hotspot, utilizzando il pacchetto dati sottoscritto con l’operatore del telefono cellulare, diverso da quelli fin qui citati. Si paga una seconda volta per un servizio che si pensava già pagato. Ma così è, se vi pare.
Del resto cosa attedersi da un Paese, l’Italia, indietro nella realizzazione infrastrutturale per l’internet e il suo accesso, e incapace a meno di prodigi in cui nessuno sembra scomettere, di raggiungere gli obiettivi europei? La relazione della Corte di conti europea in materia parla chiaro: sull’accesso a internet in Italia c’è ancora molto da fare.
Di tanto in tanto la connessione torna, l’Adsl dotata di vita propria si attiva, e allora si può andare su internet. E quando la connessione, per magia o grazia ricevuta, risulta disponibile, si fa una prova: uno ‘speed test’ per valutare la velocità di connessione. 0,81 il valore massimo su una scala che va da 0 a 10 (ma che dovrebbe arrivare fino a 7, sulla base del contratto siglato nel caso in questione). E allora viene fuori che il problema non è il modem ma la linea. O forse entrambe le cose. Perché l’utente medio non è né perito elettronico né un ingegnere informatico, e quindi è del tutto impotente di fronte a disguidi tecnici paragonabili alle iscrizioni in geroglifico ai tempi antecedenti la stele di Rosetta.
Si fa una nuova telefonata. “Non è normale”, ammettono dall’altro capo del telefono. Promettono indagini e invio di tecnici. Si fa presente che già è stato promesso da un collega, qualche ora prima, ora quasi 24 ore prima. Non è chiaro se il secondo annuncio di invio di tecnici azzeri quello precedente. Si aspetta. Intanto si lavora sulle ali dell’entusiasmo di una casella di posta elettronica aperta. Allora si osa l’imponderabile: aprire una nuova finestra per caricare il sito di notizie per capire che succede nel mondo. Ma niente, si è chiesto troppo. L’Adsl, pigra, si è disattivata di nuovo. Ma tranquilli, il tecnico arriverà a svegliarla.
Nel mentre usate il telefono. Non quello che monta la scheda Vodafone, perché non prende. Non c’è campo e le conversazioni non risultano possibili. Meno male che ci sono gli operatori stranieri. Che vengono in Italia a rubarci il lavoro. Per fortuna.