Bruxelles – Jean-Claude Juncker non ci sta. Sull’immigrazione la Commissione europea ha provato tanto, forse le ha tentate veramente tutte, ma i governi non vogliono sentirne. Le proposte possono anche risultare non bellissime, ma non si può dire che se oggi manca ancora un meccanismo europeo di gestione dei flussi migratori la colpa è dell’Europa. La colpa è degli Stati dell’Europa, e Juncker lo dice chiaramente. “C’è un elefante bianco nella stanza, ed è l’ipocrisia”.
Le esternazioni del capo dell’esecutivo comunitario non sono nuove, a riprova delle responsabilità dei Paesi membri nei mancati progressi. Ecco quindi che l’ultimo vertice dei leader del 2018 si trasforma in un nulla di fatto sull’immigrazione e sfocia in aperto conflitto inter-istituzionale. Ne ha per tutti, Juncker. Non ne nomina nessuno, ma critica tutti e 28 gli Stati membri. Lo fa quando ammette di essere “dispiaciuto” per la mancata approvazione delle proposte messe sul tavolo. “Ne abbiamo prodotte sette, cinque di queste sono prossime ad un accordo, ma non è stato possibile farle approvare dagli Stati perché mancano le altre due”.
La sintesi è la seguente, amara e velenosa: la Commissione riconosce l’impossibilità di avere la meglio sui governi, concede la resa e spacchetta l’agenda per l’immigrazione, ma neppure così si fanno progressi. Segno che l’Europa degli Stati non ne vuole sapere.
L’elefante bianco nella stanza, essendo tutti, è anche l’Italia. “Si insiste sulla necessità di rafforzare le frontiere esterne e poi quando proponiamo di schierare 10mila uomini in più di Frontex questa proposta non viene attuata”. L’affondo di Juncker è per le autorità italiane, e non potrebbe essere altrimenti. Per anni l’Italia ha lamentato di essere stata lasciata sola a pattugliare il mar Mediterraneo, e l’Ue è venuta incontro alle richieste nazionali decretando un potenziamento della guardia costiera e di frontiera comune. Eppur l’Italia tentenna. “Lasciatemelo dire: sull’immigrazione sono meno contento” per come e quanto ci si è mossi, ammette Juncker.
Da ammettere c’è però che l’Europa sempre pronta a sbandierare valori e la loro importanza, di fronte ai disperati volta le spalle e chiude le porte. L’obiettivo non è accogliere, ma respingere. Chiamatelo egoismo, chiamatela cattiveria, definitela pure la logica conseguenza del sovranismo sfrenato di questo scorcio di secolo. Ma tant’è. Sebastian Kurt, cancelliere austriaco con la presidenza di turno del Consiglio, preferisce definirlo un successo politico. “Se guardo gli sviluppi rispetto alla situazione del 2015 dico che abbiamo fatto grandi risultati. Gli arrivi sono diminuiti significativamente”. E’ questo ciò che conta. Il resto non rientra nell’agenda politica di nessuno.