Roma – Pietro Nenni che chiese ad Altiero Spinelli di diventare suo consigliere. Pietro Nenni apripista nei rapporti con la Cina di Mao. Pietro Nenni che guarda a un mondo bilanciato dal multilateralismo e non dai due blocchi. A ricordare i segni lasciati dalla politica internazionale del leader socialista, sono stati storici ed esperti, 50 anni dopo il suo incarico da ministro degli Affari esteri nel primo governo Rumor. Un convegno organizzato dalla Fondazione Nenni in collaborazione con la Farnesina, aperto dal presidente Giorgio Benvenuto che ha ripercorso l’esperienza di un leader dallo sguardo lungo, pioniere di relazioni internazionali per nulla agevoli in epoca di guerra fredda e, più indietro negli anni del post conflitto mondiale.
Dunque Nenni segretario del Psi ma soprattutto uomo di stato, vicepresidente del Consiglio nella prima esperienza di centro-sinistra e ministro degli Esteri. Un salto nel passato grazie alla ricostruzione dello storico Piero Craveri che ha disegnato il percorso riformista, “come arrivare al socialismo”, quella strada che, nonostante un rapporto stretto, lo divideva dai comunisti. Strada tuttavia accidentata, anche per l’interminabile serie di rotture che ha attraversato il partito nella sua storia più che centenaria.
L’Europa chiama l’Italia nel secondo dopo guerra e così Nenni spostò il partito da una posizione critica fino a quella favorevole. Non amava la Francia gollista e temeva per l’asse con la Germania, tanto che dopo i trattati di Roma il suo impegno per l’ingresso della Gran Bretagna fu particolarmente insistente. “Per la verità la vocazione europeista dei socialisti italiani è molto più antica”, ha notato Ugo Intini, citando Turati che già nel 1986 nel primo discorso alla Camera dei Deputati teorizzava gli Stati uniti d’Europa. In ogni caso la scelta si consolidò e fu definitiva quando in quel 12 dicembre del 1968, Nenni tornò alla Farnesina (dopo la breve esperienza tra il ‘46/’47) e chiamò come consigliere l’amico Altiero Spinelli. Un sodalizio significativo e quando uno dei padri ispiratori dell’Europa fu nominato commissario a Bruxelles nel 1970, il suo appoggio pesò in maniera notevole.
Nel biennio ‘55/56 e in seguito ai fatti d’Ungheria, Nenni chiuse definitivamente i canali con Mosca, rafforzando la propensione al multilateralismo e individuando i forti limiti della politica dei due blocchi che sfociò poi nella guerra fredda. Una posizione che non gli fece guadagnare le simpatie degli Usa con cui il leader socialista ha sempre avuto un rapporto contrastato. Sempre in favore del dialogo, la ragione che lo portarono nel 1971 nuovamente a Pechino e Shangai, dopo la prima visita nel 1955.
Pietro Nenni fu pioniere delle relazioni tra Italia e Cina, costruì un’amicizia particolare con Mao Zedong e soprattutto con Zhou Enlai. Perciò si spese molto in occidente per il riconoscimento diplomatico e affinché per la Repubblica Popolare, si aprissero le porte dell’Onu. “Ancora oggi – ha detto l’ambasciatore a Pechino Ettore Sequi – è uno dei politici italiani più rispettati dalla generazione della rivoluzione del ‘49”. Senza quella semina “non sarebbe possibile raccogliere i frutti di oggi”, gli ha fatto eco l’ambasciatore cinese a Roma LI Ruiyu. Amicizia e collaborazione che oggi valgono 50 miliardi di dollari d’interscambio tra i due paesi, un rapporto molto stretto, non più solo commerciale, con centinaia d’imprese in partnership italo-cinese. Se “Nenni tornasse nella Cina di oggi, quale sarebbe il suo giudizio sull’evoluzione del socialismo che conobbe allora? Come spiegherebbe un’economia di mercato con la politica del partito unico?” La domanda che sfida e stimola gli ospiti la pone Luigi Troiani, coordinatore degli studi della Fondazione.
Al salto temporale notevole non si sottrae Yu Xuefeng, professore dell’università di studi internazionali a Pechino, citando in tempi più recenti Deng Xiaoping: “Mercato e pianificazione sono entrambi strumenti per sviluppare l’economia e ottenere il benessere dei popoli”. Se la Cina oggi sfama 1 miliardo e 400 milioni di persone, le democrazie in crisi, non ultime quelle dell’Europa, soffrono oggi di una crisi pesante, gravate dall’aumento delle diseguaglianze. Modelli a confronto, giudizi differenti nel dibattito anche se gli scenari futuri del mondo globalizzato non possono fare a meno di Paesi come la Cina, non più solo una potenza economica.
Quell’equilibrio multipolare a cui aveva sempre teso Pietro Nenni, precursore e artefice delle relazioni diplomatiche con il paese asiatico.