Bruxelles – Si complica sempre di più la situazione dei brexiters britannici: le vie d’uscita dall’Unione europea si stanno trasformando i precipizi. Dopo le preoccupazioni espresse dal governatore della Banca d’Inghilterra, e di tanti altri economisti, sui disastrosi esiti di un “no deal”, ora arriva il secco “no” dei politici norvegesi all’idea, proposta da molti in Gran Bretagna, di un’adesione del regno all’Efta, lo European Free Trade Area”, composto da Norvegia, Islanda e Liechtenstein, come piano “B” in caso di mancato accordo con l’Unione.
Il quotidiano The Guardian ha sentito Heidi Nordby Lunde, deputata del partito conservatore al governo in Norvegia leader del Movimento europeo norvegese, la quale ha spiegato che le sue opinioni riflettono quelle del partito, anche se il primo ministro norvegese, Erna Solberg, è stata più diplomatico ed ha detto che la Norvegia avrebbe esaminato una eventuale richiesta del Regno Unito, sulla quale Oslo può porre il veto.
Lunde spiega che “in realtà l’opzione norvegese non è un’opzione. Lo diciamo da un anno e mezzo, dai tempi del referendum, quindi sono sorpresa che dopo tutto questo tempo l’idea faccia ancora parte del dibattito nel Regno Unito. Si aspettano un invito da parte nostra, piuttosto che considerare se la Norvegia vorrà presentare un tale invito. Potrebbe essere nell’interesse britannico entrare nel nostro accordo, ma non sarebbe nel nostro interesse”.
“I tre Paesi dell’ Efta – ha spiegato Lunde – devono essere d’accordo su tutti i regolamenti provenienti dall’Ue, quindi se un Paese pone il veto su qualcosa dobbiamo tutti porre il veto, il che significa che se il Regno Unito entra nella piattaforma Efta e inizia a porre il veto ai regolamenti che noi vogliamo, questo influenzerà non solo il Regno Unito ma anche noi. Parte del successo che abbiamo avuto con questo accordo è che da 25 anni che accettiamo le norme e i regolamenti che escono dall’Ue, soprattutto perché è nel nostro interesse”.
Ma, secondo la deputata, “se, come ho capito, i politici britannici non vogliono essere governati da regolamenti provenienti da altri Paesi, perché dovrebbero accettare che un Paese con 38.000 cittadini come il Liechtenstein sia in grado di porre il veto alle norme che il Regno Unito vuole? Perché questa sarebbe la situazione”.
Come membro della commissione per gli Affari economici del Parlamento norvegese, insiste che “non è nell’interesse del mio paese avere a bordo il Regno Unito, e non vedo come sia possibile che un accordo Efta sia nell’interesse del Regno Unito: in base all’intesa con l’Ue accettiamo la migrazione e la libera circolazione, abbiamo sì un nostro organo giudiziario, ma si conforma alla Corte di giustizia europea. Accettiamo le regole e i regolamenti del Mercato unico”.
Secondo la parlamentare, “non è un’opzione per il Regno Unito rimanere all’interno dell’Unione doganale, perché così Londra propone di risolvere il problema del confine con l’Irlanda del Nord, entrando a far parte dell’accordo Efta, dal momento che Efta ha il suo accordo come blocco commerciale. Abbiamo 29 accordi commerciali con 39 paesi al di fuori dell’Ue che il Regno Unito dovrebbe accettare, e non capisco perché sarebbe nell’interesse britannico stipulare accordi commerciali sulla base di intese che sono state negoziate nei nostri interessi e non in quello del Regno Unito”.
Gli unici politici norvegesi che vorrebbero che il Regno Unito aderisse all’Efta, a quanto pare, sono quelli del partito euroscettico che punta a distruggere i rapporti della Norvegia con l’Ue, ha sostenuto Lunde.
Preoccupazioni simili le ha espresse Ole Erik Almlid, della Confederation of Norwegian Enterprise Business Association, che ha anche messo in dubbio il fatto che il Regno Unito sarebbe disposto a passare da “rule maker al rule taker”. Secondo lui la Norvegia risentirebbe da un’adesione britannica all’Efta e parti di questo accordo con l’Ue dovrebbero essere sospese se un membro dell’Efta come il Regno Unito si rifiutasse di rispettare gli obblighi dell’accordo.