Bruxelles – L’Europa dovrebbe essere “preoccupata” da società cinesi come Huawei, anche perché il governo di Pechino ha imposto la cooperazione con i servizi di intelligence. Lo sostiene il vicepresidente della Commissione europea per il Mercato unico digitale Andrus Ansip, scatenando la dura reazione dell’azienda, già nella burrasca negli Stati uniti, dopo l’arresto della figlia del fondatore e direttrice finanziaria Meng Wanzhou.
“Dobbiamo essere preoccupati per Huawei e altre società cinesi?” ha chiesto un giornalista durante una conferenza stampa questa mattina, e Ansip ha risposto: “Sì, penso che dobbiamo preoccuparci di queste società”. “Come persone comuni, naturalmente, dobbiamo avere paura”, ha aggiunto.
E poi Ansin ha specificato che quello che lo preoccupa riguardo i rapporti con i servizi segreti sono i supposti “backdoor obbligatori, ai quali sono sempre stato contrario”. Il riferimento è ai chip che sarebbero inseriti nei dispositivi per rubare informazioni sugli utilizzatori.
Il problema non è solo legato ai “telefonini”, ma il quadro è quello dello sviluppo della rete di nuova generazione 5G, attorno al quale lo scontro, a livello mondiale è titanico, perché riguarda enormi investimenti e questioni di sicurezza estese. Nei giorni scorsi ad esempio Huawei ha dovuto cambiare alcune pratiche nel Regno Unito perché le autorità avevano minacciato di escluderla dalla fornitura di tecnologie per la realizzazione delle reti 5G. Alcuni governi (Usa, Giappone, Australia, Nuova Zelanda) l’hanno bandita dall’elenco dei fornitori, altri invece l’accolgono con favore, come Italia e Portogallo.
In serata arriva la risposta di Huawei, che nega tutto e si dice “sorpresa e delusa dai commenti fatti su di noi dal vicepresidente Ansip”.
“Rifiutiamo categoricamente qualsiasi accusa che potremmo porre una minaccia alla sicurezza – dice l’azienda cinese-. Siamo aperti a un dialogo con il vicepresidente Andrus Ansip per affrontare questi fraintendimenti e intendiamo continuare la nostra lunga collaborazione con la Commissione europea in qualità di azienda privata di proprietà dei dipendenti”.
Huawei nega l’esistenza di chip “spia” inseriti per ordine del governo: “Noi siamo parte della soluzione, non siamo il problema. Da nessun governo è mai stato chiesto a Huawei di costruire backdoor o interrompere alcuna rete, e non tollereremmo mai un simile comportamento da parte del nostro staff. La sicurezza informatica è sempre stata la nostra priorità e abbiamo una comprovata esperienza nella fornitura di prodotti e soluzioni sicure per i nostri clienti in Europa e nel mondo”.
La compagnia sottolinea che “oggi la catena di fornitura delle Tlc è altamente globalizzata. La sicurezza informatica deve essere affrontata congiuntamente a livello globale e i fornitori di attrezzature non dovrebbero essere trattati diversamente in base al paese di origine”.