Bruxelles – Lo stato di salute della banche italiane migliora. I crediti deteriorati, i prestiti la cui restituzione è incerta e faticosa (e noti con l’acronimo inglese Npl), diminuiscono e la riserve di capitale messe da parte per far fronte ad eventuali shock aumentano. La situazione in sostanza migliora. Nel giro di un anno, tra il secondo trimestre del 2017 e il secondo trimestre del 2018, la quota dei prestiti in sofferenza è scesa dal 12,2% al 10% del totale erogato nel periodo di riferimento. Complessivamente il sistema Paese ha ridotto di quasi un quinto (-18,3%) la parte sofferente della rete degli istituti creditizi.
Come emerge dalla terza relazione della Commissione europea sui progressi di riduzione degli Npl, rimane il fatto che l’Italia ha un livello di crediti deteriorati tre volte quello dell’intera Unione europea (3,4% del totale dei prestiti ancora da saldare), e che in termini percentuali l’Italia è messa peggio solo di Grecia (44,9% di crediti deteriorati al 30 giugno 2018), Cipro (28,1%), e Portogallo (11,7%), tutti Paesi oggetto di programmi di aiuto economico negli anni passati.
Complessivamente “la riduzione del rischio nel settore bancario dell’Ue prosegue a ritmi sostenuti e si stanno facendo progressi significativi”, riconosce l’esecutivo comunitario nel suo documento. Ai Paesi come l’Italia si chiede però di fare di più. Perchè se da una parte “questa robusta tendenza al ribasso è molto incoraggiante”, dall’altra parte “gli alti livelli di crediti deteriorati rimangono una sfida in alcuni Stati membri”.