Bruxelles – Tutto è ancora possibile, in un senso o nell’altro. Un accordo sulla manovra tra governo e Commissione si può trovare, ed quanto mai auspicabile, visto che in caso contrario l’Italia finirà col rappresentare un rischio per l’Eurozona tutta. Insostenibilità del debito ed una crescita debole possono propagarsi agli altri membri di Eurolandia, avverte il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. Non fa nomi, come vuole il suo stile. Ma quello che dice in audizione in commissione Affari economici del Parlamento europeo è un identikit tricolore bello e buono.
“L’area dell’euro può essere esposta ai rischi derivanti da politiche interne insostenibili che comportano livelli eccessivamente elevati di indebitamento, vulnerabilità nel settore finanziario e/o mancanza di competitività”. Lo stivale ha tutto questo: il secondo rapporto debito/Pil del blocco dei Paesi con la moneta unica (131%), crescita a ritmi più lenti dei partner, ancora elevati livelli di crediti in sofferenza nel sistema bancario, nonostante gli sforzi che ne hanno ridotto la mole.
Non bisogna disperare, comunque. Tra Roma e Bruxelles “è in corso un dialogo” sulla manovra e sulle politiche di finanza pubblica, ricorda il capo della Bce, convinto che “un accordo può essere raggiunto”. Cautela e accortezza impongono di non intervenire a trattative aperte, e di conseguenza “non è opportuno commentare la situazione adesso”, dice Draghi, che ciò nonostante dei messaggi per il governo Conte li ha e proprio per questo li recapita. “Ripeto quello che ha sempre detto la Bce: i Paesi con un debito elevato devono ridurlo, perché riducendo il debito si rafforzano”.
La questione non è solo conti pubblici. E’ anche quello. C’è la questione della “fiducia” reciproca, “che passa per due elementi: rispetto delle regole e convergenza”. In Europa sono in molti, probabilmente quasi tutti, a ritenere che l’attuale esecutivo italiano non tenga conto delle prime né della seconda. Si vede nel governo un cambiamento un cambio di rotta troppo radicale, che non aiuta a instaurare una clima di affidabilità. Le insidie si annidano anche qui. “I rischi possono estendersi ad altri paesi attraverso canali finanziari, commerciali e di fiducia”.
Bisogna evitare una nuova crisi dell’Eurozona in ogni sua forma, sia essa monetaria o di credibilità. Anche perché l’economia dei Paesi con la moneta unica è in fase di rallentamento, e Draghi ne è perfettamente consapevole. “I dati disponibili dalla mia ultima visita a settembre sono stati un po’ più deboli del previsto”. Il Pil dell’Europa a 19 è cresciuto dello 0,2% nel terzo trimestre, contro lo 0,4% dei due trimestri precedenti. Una flessione che “riflette principalmente una crescita commerciale più debole”. Diretta conseguenza delle politiche protezionistiche, che mettono a nudo le politiche di risposta alla crisi del 2008 che l’Ue ha improntato principalmente allo stimolo delle esportazioni a scapito dei consumi interni. Draghi è ottimista: “I salari nominali stanno crescendo”.