Bruxelles – Le prossime elezioni europee si avvicinano, così come quelle di altri 13 Paesi dell’Unione europea. La brutta storia che aveva come protagonisti Cambridge analytica e Facebook si è chiusa da poco, pochissimo a dire il vero, ma ha lasciato una scia che è confluita in quello che è rimasto, invece, aperto: il dibattito sui dati personali e su quello che comporta, dal punto di vista democratico, il trattamento degli stessi. Sono questi i temi chiave da cui parte Giovanni Buttarelli, garante europeo della protezione dei dati, ospite all’evento “How can we govern Europe” chiudendo, con il suo intervento, la prima giornata di lavori e affrontando un discorso che forse è affrontato troppo poco.
Nella nostra Ue si percepisce disattenzione verso un tema centrale ai giorni nostri: forse troppo presi da sicurezza, immigrazione, spread, “non ci rendiamo conto che stiamo perdendo una partita irripetibile”, evidenzia il garante. Irripetibile nella misura in cui la Cina, la velocità del suo mercato e la sua estrema competitività presto la renderanno tale. Ma qual è questa partita? “Quella del gap tecnologico, con l’Europa che ormai non figura più neanche tra i primi 20 big data player su scala mondiale” in un mondo in cui, parliamoci chiaro, informazioni, big data e intelligenza artificiale rappresentano “il vero campo di valutazione dello sviluppo societario”.
Si ragiona su come governare l’Europa, all’evento, e a Buttarelli viene spontaneo da dirlo: “Il governo dell’Europa passa anche dalla nostra capacità di capire quali siano le scelte economiche che faranno la differenza. Chi riuscirà a imporre su scala mondiale un’etica delle nuove tecnologie farà scuola dal punto di vista degli equilibri”, ha chiosato, chiedendosi non senza preoccupazione se stiamo facendo questo o meno in Europa, rispondendosi poi da solo con un sicuro e netto “no”. Con la certezza che tra qualche tempo potrebbe essere tardi per accorgersene, afferma: “Sono valori che faranno davvero la differenza tra qualche anno”.
E sui “valori” il garante spende più che qualche parola, ricordando una cosa che spesso sembra essere dimenticata dagli europei: “Dobbiamo essere più orgogliosi dei valori che abbiamo saputo costruire, soprattutto a seguito dei trattati di Lisbona. Questi ‘valori’, oggi, fanno scuola nel mondo. Ecco perché l’Europa può essere governata meglio tenendolo ben presente”, sottolinea.
Ricordando anche, però, che “l’informazione è sempre più strategica”: non lo dice solo lui, ma anche il presidente russo Vladimir Putin, quando parla della partita del big data e del fatto che chi saprà gestire le informazioni nel modo più efficiente avrà vinto tutto. La cosa “la dice lunga sul tipo di sfide che dovremo affrontare in futuro”, rimarca il garante.
Cambridge analytica e le sue implicazioni hanno dimostrato che è necessaria trasparenza nel trattamento dei dati, e che ciò è necessario in favore della partecipazione democratica. L’accesso a contatti, persone, chat collegati a 83 milioni di persone nel mondo ha consentito, in quel caso, di alterare il principio della parità delle armi. “Sono stati, in questo modo, esclusi quei paesi in cui si trovava un forte nucleo duro di repubblicani o democratici (negli Usa), i soggetti fortemente schierati a favore del “remain” o del “leave” (nel Regno Unito, riguardo alla Brexit), e si è raggiunto un nucleo di soggetti “dubbiosi”. Come si sono individuati questi dubbiosi? “In un mondo in cui difficilmente prendiamo posizioni in pubblico, si sono analizzati dati ricavati da whatsapp, messenger, profili social, che hanno consentito di conoscere meglio le persone e classificarle come gay, di sinistra, di destra, anti-immigrazione, ad esempio in base alle parole che hanno usato nelle loro chat”. Il tutto, ovviamente, incappando negli errori tipici dei logaritmi utilizzati, che portano a deduzioni sbagliate nell’analisi dei dati.
“È ovviamente impossibile pensare a un passo indietro nella socializzazione dei contatti. I social network probabilmente non esisteranno più tra 4 o 5 anni, saranno sostituiti da sistemi più efficienti di interazione, ma per il momento sono risorse importantissime per la campagna elettorale”, prosegue Buttarelli. È giusto? È sbagliato? Per il garante il punto è un altro: “La partita ora si gioca anche in questo mondo virtuale, e questo può alterare il processo democratico”.
“Dalla tessera del supermercato, ai messaggi che inviamo dal nostro smartphone, al giornale che leggiamo: tutti i dati possono essere oggi potenzialmente presi e rielaborati in modi che non conosciamo, consentendo l’individuazione di un profilo-tipo di elettore, da bombardare poi di messaggi selettivamente orientati”. Detta così fa piuttosto effetto, soprattutto quando queste parole provengono non dall’ultimo dei complottisti, ma dal numero uno in Europa in materia di trattamento di dati personali. Che continua: “Si parla tanto di radicalizzazione del pensiero islamico, ma in questo momento in Europa è molto più forte la tendenza, attraverso società specializzate, alla radicalizzazione di un’altro tipo di orientamenti. Questi si trovano in una zona ‘borderline’, non incanalati politicamente a destra o a sinistra, il cui sviluppo è finalizzato unicamente alla ricerca di un successo emozionale”. Che significa? Vengono in mente le notizie al telegiornale in cui si colpevolizza un extracomunitario di un reato, salvo poi scoprire che, a macchiarsi di colpa, era invece stato un europeo. Ma ormai il danno è fatto, le persone si sono già incattivite nei confronti del primo. Successo emozionale.
Ed eccola spiegata, la manipolazione online. Si basa sullo stesso principio. E non è una cosa da poco: “Può avere una incidenza notevole sul processo democratico, ecco perché l’Ue ha deciso di identificare un pacchetto di misure che vedrà la luce presto e che punta sulla valorizzazione di un sistema di monitoraggio, con la collaborazione dei garanti della privacy a livello nazionale e europeo”, sostiene Buttarelli. “C’è un limite, nella trasparenza nei confronti dei consumatori, che deve essere tenuto presente”. E le misure del pacchetto sembrano volerlo sedimentare.
“Negli ultimi tre anni si è ritenuto che non fosse più differibile una normativa sulla trasparenza riguardo a chi fa cosa, come e dove. Da quel momento, ben 128 paesi di tutto il mondo hanno seguito lo schema europeo, percependo che ci stiamo muovendo nella direzione giusta”. Conclude così, Buttarelli: “Possiamo essere leader in questo dibattito, l’importante è non perdere il vantaggio che abbiamo in questo momento”.