Bruxelles – L’accordo commerciale U-Canada Ceta ha dato finora buoni risultati. Ad affermarlo è il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, intervenuto oggi al convegno Ceta, rischio o opportunità? L’agroalimentare italiano di qualità tra timori e nuovo business, organizzato da Cremona Fiere.
A un anno dall’entrata in vigore in via provvisoria dell’accordo Ceta, Giansanti ha ricordato che secondo i dati diffusi dalla Commissione europea le esportazioni di prodotti agricoli italiani sul mercato canadese sono aumentate nel complesso del 7,4 percento. In particolare, le vendite di prosciutto San Daniele sono salite in un anno del 35 percento.
Stando alle rilevazioni dell’Istat, nel primo semestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2017, l’export di formaggi italiani verso il Canada è aumentato del 19 percento. Per il Parmigiano e Grana, l’incremento è stato del 7 percento.
“Risultati incoraggianti”, ha sottolineato il presidente di Confagricoltura, soprattutto “se si considera che per i prodotti agroalimentari l’Italia è già il primo Stato dell’Unione fornitore del mercato canadese”.
I critici dell’accordo temevano un’invasione di grano canadese trattato con il glifosato, che però, rassicura Giansanti, per il momento non è avvenuta. In effetti, dai dati elaborati dall’amministrazione doganale canadese, risulta che le esportazioni di grano dal Canada verso l’Italia si siano ridotte del 90 percento nei primi cinque mesi di applicazione dell’accordo (dall’ottobre 2017).
Sulla questione delle indicazioni geografiche e denominazioni di qualità, Giansanti ha ricordato che le 41 tutelate dal Ceta coprono il 90 percento del fatturato annuale delle esportazioni italiane di prodotti a denominazione d’origine.
“L’accordo con il Canada non esclude la possibilità di ampliare la lista nei prossimi anni”, continua il presidente di Confagricoltura, “ma una cosa è certa: se l’accordo con il Canada non fosse ratificato, la situazione delle denominazioni non comprese nella lista non sarebbe migliore di quella che è oggi. Di converso, sarebbe peggiore quella delle 41 denominazioni riconosciute”.
Dopo il fallimento del Doha Round dell’Organizzazione mondiale del commercio, Confagricoltura ritiene che gli accordi di libero scambio negoziati dalla Commissione europea siano l’unico strumento a disposizione per affermare, progressivamente, il riconoscimento e la protezione delle indicazioni geografiche.