Bruxelles – Privacy, ma non solo. Perché “il caso Cambridge Analytica ha dimostrato che oggi l’uso dei dati va oltre la privacy”. E allora quello che si affaccia sempre più allo porte si annuncia davvero un anno cruciale. Il 2019, mette in guardia il garante europeo dei dati personali, Giovanni Buttarelli, è l’anno della verità. Per tutto il sistema. Quello politico, e quello industriale. “E’ essenziale eliminare il minimo dubbio sull’uso dei dati. La loro protezione diventa un pilastro della democrazia”. Sceglie la XL Conferenza internazionale sulla protezione dei dati personali che quest’anno è ospitata a Bruxelles proprio dal garante europeo per lanciare l’allarme. “La digitalizzazione non risponde, la responsabilità è lasciata alla macchine”. Macchine con cui sempre più l’uomo vive, se si pensa ai computer e ai loro spazi.
“Il prossimo anno non abbiamo solo le elezioni europee”, ricorda Buttarelli. Tutti sono concentrati sul voto per il rinnovo del Parlamento Ue (26-29 maggio), ma da inizio a fine anno si verrà chiamati alle urne in non meno di 18 degli attuali 28 Stati membri dell’Ue. Nel 2019 si voterà in Belgio (locali e federali, 26-29 maggio), Bulgaria (amministrative), Croazia (presidenziali, a dicembre), Danimarca (generali, a giugno), Estonia (nazionali, marzo), Finlandia (nazionali, aprile), Grecia (rinnovo del Parlamento, a ottobre, e amministrative), Irlanda (amministrative, il 24 maggio), Lettonia (presidenziali, a giugno), Lituania (presidenziali, 12 maggio), Malta (presidenziali, ad aprile), Paesi Bassi (amministrative e rinnovo del Senato, 26 maggio), Polonia (rinnovo Parlamento), Portogallo (parlamentari, ottobre), Regno Unito (amministrative, 2 maggio), Romania (presidenziali, novembre-dicembre), Slovacchia (presidenziali, marzo) e Spagna (nazionali, 26 maggio).
Il rischio è dovuto al fatto che “la digitalizzazione non rispetta i confini geografici”, e gli elettori possono essere influenzati a distanza. Buttarelli ricorda i processi decisionali fondati sugli algoritmi. “Questo sottopone gli individui a decisioni che cambiano la vita sulla base di criteri opachi”. Proprio le informazioni degli utenti e la costruzione di algoritmi su misura sono ritenuti al centro della manipolazione delle campagne elettorali negli Stati Uniti per le presidenziali e in Regno Unito per la Brexit. Il garante europeo dei dati cita “il ruolo dei social media” quali Facebook e Twitter, “il cui processo decisionale algoritmico inesplicabile è stato convertito in arma da malintenzionati nelle zone di conflitto etnico”. Ecco perché c’è la necessità di agire. Ecco perché il nuovo regolamento comunitario sulla protezione dei dati (Gdpr) “è un elemento fondamentale” della politica di gestione dell’era tecnologica e pur da solo “non abbastanza” per le sfide che la società contemporanea ha davanti a sé. “Mai prima d’ora la democrazia è stata così chiaramente dipendente dal trattamento lecito ed equo dei dati personali”.
Dopo il discorso introduttivo di Buttarelli ha preso la parola il Ceo di Apple, Tim Cook, il quale ha sostenuto che il Garante europeo “attraverso i suoi valori, la sua dedizione, il suo lavoro riflessivo, Giovanni, il suo predecessore Peter Hustinx, e tutti voi, avete dato l’esempio per il mondo. Siamo profondamente grati”.
Ma Cook avverte che “vediamo vividamente, dolorosamente, come la tecnologia può danneggiare piuttosto che aiutare. Le piattaforme e gli algoritmi che promettevano di migliorare la nostra vita possono effettivamente amplificare le nostre peggiori tendenze umane. Ribelli e persino i governi hanno approfittato della fiducia degli utenti per approfondire le divisioni, incitare alla violenza e persino minare il nostro senso condiviso di ciò che è vero e ciò che è falso”.
Il leader di Apple ammonisce che “questa crisi è reale. Non è immaginaria, o esagerata, o un’idea ‘pazza’. E quelli di noi che credono nel potenziale di una tecnologia per il bene non devono ritirarsi da questo momento. Ora, più che mai, come leader dei governi, in quanto responsabili delle decisioni nel mondo degli affari e in quanto cittadini, dobbiamo porci una domanda fondamentale: in che tipo di mondo vogliamo vivere?”.
La risposta, sostiene Cook, è, “come dice Giovanni, ‘Dobbiamo agire per garantire che la tecnologia sia progettata e sviluppata per servire l’umanità, e non viceversa’. Noi di Apple crediamo che la privacy sia un diritto umano fondamentale. Ma riconosciamo anche che non tutti vedono le cose come facciamo noi. In un certo senso, il desiderio di trarre profitti dalla privacy non è una novità”.
Allo statunitense piacciono le regole che si è data l’Unione europea. “Fortunatamente, quest’anno, avete dimostrato al mondo che una buona politica e la volontà politica possono unirsi per proteggere i diritti di tutti. Dovremmo celebrare il lavoro di trasformazione fatto dalle istituzioni europee incaricate di attuare con successo il Gdpr. Celebriamo anche i nuovi passi intrapresi, non solo qui in Europa, ma in tutto il mondo. È tempo – ammette – che il resto del mondo, incluso il mio paese d’origine, seguano il vostro esempio”.
Per il capo di Apple “non raggiungeremo mai il vero potenziale della tecnologia senza la piena fiducia delle persone che la usano”.
Passando poi alla questione dell’intelligenza artificiale, Cook ammette che “è un settore su cui penso molto. Chiaramente, è nella mente di molti dei miei colleghi. Al suo centro, questa tecnologia promette di imparare dalle persone individualmente a beneficio di tutti noi. Tuttavia – ammonisce -, far progredire l’intelligenza artificiale raccogliendo enormi profili personali è pigrizia, non efficienza. Perché l’Intelligenza Artificiale sia veramente intelligente, deve rispettare i valori umani, inclusa la privacy. Se ci sbagliamo, i pericoli sono profondi”.
Per Cook “siamo in grado di ottenere sia una grande intelligenza artificiale sia ottimi standard di privacy. Non è solo una possibilità, è una responsabilità”.