Bruxelles – “Unità”. La ripete spesso questa parola che molto più di un semplice vocabolo. “Unità”, nuovo motto di fatto dell’Unione europea da quando i britannici hanno votato per uscire dall’Ue, è il faro della Romania e del suo presidente Klaus Iohannis, da gennaio prossimo per la prima volta con la responsabilità della presidenza di turno del Consiglio Ue. “Unità” declinata in tutte le sue accezioni è il filo conduttore dell’intervento di Iohannis in Parlamento europeo, dove mostra, sul piano dialettico e delle intenzioni, forse più europeismo di altri leader di Paesi che della famiglia europea fanno parte da molto di più.
“Abbiamo bisogno di unità”, dice il presidente Romeno. “Abbiamo bisogno di unità, coesione, solidarietà, e di un cammino comune europeo”. Più chiaro di così difficilmente potrebbe essere. Eppur ribadisce. “L’elemento centrale del nostro approccio deve restare l’unità, e per la Romania ciò è fondamentale”. Di fatto il manifesto per la presidenza di turno che verrà. Cita addirittura Jean Monnet, tra i padri dell’idea di unione dei Paesi e dei popoli europei. “Non c’è altro futuro per il popolo europeo che nell’Unione”.
Iohannis invoca perciò “un’Unione che unisca da est a ovest, da nord a sud”. Per farlo serve il coinvolgimento di tutti, perché “l’unità dell’Unione non può avvenire senza partecipazione”. Ecco il problema di quest’Europa senz’anima: appare lontana, distante, fredda, incomprensibile. “I cittadini vogliono risultati tangibili. Abbiamo buone notizie per loro per quanto riguarda pace, sicurezza e prosperità. Però loro vogliono anche vedere che lavoriamo per rafforzare ciò che abbiamo già conquistato”.
Tra le conquiste del progetto d’integrazione Iohannis cita il mercato unico, la moneta unica, Schengen. La Romania dei giorni nostri vuole le quattro libertà (movimento di persone, merci, servizi e capitali, ndr). “L’Unione europea deve rimanere un’area di libera circolazione”. La Romania del domani, si spera prossimo, vuole far parte dell’area Schengen, quella della libera circolazione, per l’appunto. E la Romania del domani vuole anche l’euro. “Ingresso nell’eurozona il prima possibile, quando tutte le condizioni saranno soddisfatte, è una priorità nazionale”.
Un ulteriore messaggio di integrazione, in tempi di corse alla disgregazione. Iohannis, anche in questo caso, vuole distinguersi. Si dice “orgogliosamente romeno ed egualmente orgoglioso europeo”, a dimostrare che si può essere genuinamente nazionalisti senza dover andare contro tutto ciò è diverso. Al contrario, si può restare fedeli a sé stessi anche con gli altri. Iohannis sottolinea quindi l’importanza dell’allargamento, qualcosa che “non deve restare un desiderio per le future generazioni, ma un processo attivo” e possibilmente rapido. In nome dell’unità e dell’unione, neanche a dirlo.
La Romania vuole essere un modello. Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, accoglie ciò con favore. “Dimostra senso di leadership”, commenta senza nascondere la soddisfazione di vedere un Paese una volta lontano dall’Europa a causa della cortina di ferro oggi deciso a essere protagonista. E chiede a Bucarest uno sforzo. “Vorrei che la Romania entrasse nella zona Schengen prima della fine del mandato di questa Commissione”, vale a dire entro novembre 2019. Perchè ciò sia possibile “bisognerà lottare contro la corruzione, altrimenti sarà difficile per la Commissione raccomandare l’ingresso della Romania in Schengen”. Iohannis accetta la sfida. “In questa battaglia il vincitore sarà una Romania democratica, una Romania europea”.