Bruxelles – L’ottimismo dei direttori finanziari italiani (Cfo) è ai minimi storici. Sono preoccupati e questo dipende in buona parte dall’incertezza relativa delle nostre aziende, che tocca vette altissime: il 63 percento, il livello più alto dal 2015, quando le rilevazioni sono cominciate. Le prospettive dei Cfo nel nostro paese, dopo un inizio dell’anno che faceva ben sperare, stanno soffrendo dell’instabilità politico-economica interna e estera. L’entusiasmo che aveva caratterizzato il 2017 e che aveva subito un arresto a inizio 2018 ha lasciato il posto alla preoccupazione: l’ottimismo si attesta ora intorno al -4 percento, con una caduta a picco di 29 punti percentuali rispetto al periodo precedente.
Con i dati alla mano ieri Deloitte Italy, Confindustria e il Gruppo di iniziativa italiana a Bruxelles, hanno presentato alla comunità istituzionale ed economica brussellese, nel corso dello European Economic Policy Forum, un quadro italiano completamente mutato rispetto all’inizio dell’anno. In effetti, la Cfo survey ha mostrato come le politiche protezioniste e l’instabilità politica che coinvolgono tutta l’Europa non hanno lasciato indifferenti i Cfo e le loro prospettive.
Ciò che preoccupa ora di più, diversamente da quanto emerso nelle passate rilevazioni, è l’introduzione di nuovi oneri regolamentari: a pensarla così è il 44 percento del campione di direttori finanziari preso in esame dalla Cfo Survey. Il 42 percento teme poi l’instabilità politica dovuta al crescente protezionismo e al risultato delle elezioni politiche di inizio 2018; un quarto degli intervistati si definisce invece allarmato riguardo a una possibile contrazione della domanda e a una recessione economica globale, oltre che dalla possibile contrazione della domanda interna.
Cenni positivi provengono comunque dalle intenzioni di investimento, e il 29 percento dei direttori finanziari prevede di aumentare le somme investite nei prossimi 12 mesi. Ma il punto è un altro: nonostante l’Eurozona goda di una discreta crescita economica e sia caratterizzata da un calo della disoccupazione, “Molti analisti temono che il maggior rischio sia il nuovo governo italiano e la sua politica economica”, commenta Riccardo Raffo, partner di Deloitte e responsabile della ricerca. “Gli investitori temono che, se l’Italia intende procedere con il nuovo programma economico, questo potrebbe provocare un conflitto con l’Unione Europea e ciò aumenterebbe l’incertezza, già alta, diffusa nel nostro Paese”, prosegue, sottolineando la preoccupazione della comunità imprenditoriale italiana e il conseguente calo della fiducia delle imprese.
Per Rik Vanpetenghem, Regional managing director Emea (Deloitte), esistono dei “rischi che rappresentano delle potenziali minacce alla ripresa economica europea”. I conflitti commerciali globali e le scissioni politiche che caratterizzano molti Stati membri, aggiunti all’incertezza derivante dai negoziati Brexit, “possono far deragliare la ripresa a medio termine”, ma tutto sommato “le tendenze del mercato del lavoro e del consumo restano positive”.
Le dinamiche di crescita sono quindi più deboli rispetto all’anno scorso, quando l’Eurozona cresceva a un ritmo del 2,5 percento. I conflitti commerciali e i rischi posti dalla politica estera dovranno essere necessariamente presi in considerazione per un ritorno all’ottimismo.