Bruxelles – In Italia non si spende in istruzione. Le risorse investite nel settore sono ben al di sotto rispetto alla media europea, e al Sud la situazione è ancora peggiore. Il Bel Paese non fa certo una bella figura nel report pubblicato dalla Commissione europea e presentato oggi dal commissario Ue per l’Istruzione, la Cultura, il multilinguismo e la gioventù, Tibor Navracrsics.
L’Education and Training Monitor, rapporto annuale in cui si analizzano e comparano le principali sfide per i sistemi educativi europei, analizza la situazione dei singoli paesi. Proprio riguardo all’Italia, in effetti, nel rapporto si legge di uno dei livelli più bassi d’investimento in educazione, sia in rapporto al Pil (3,9 percento nel 2016, comparato al 4,9 percento della media europea), sia in rapporto al totale della spesa pubblica (7,9 percento contro il 10,2 percento). Il dato riguarda principalmente i fondi utilizzati in educazione superiore; se per la scuola primaria il dato italiano è tutto sommato in linea con quello degli altri paesi, al salire del livello di istruzione, all’università, ci distinguiamo (arrivando penultimi in classifica, prima della Gran Bretagna, dove le tasse pagate dagli studenti sono estremamente alte e gli istituti sono finanziariamente autonomi) per uno 0,3 percento di risorse investite, a fronte dello 0,7 percento europeo. Il Consiglio Ue, in effetti, ha adottato una raccomandazione specifica per l’Italia affinché siano “favorite la ricerca, l’innovazione, le competenze digitali e le infrastrutture attraverso lo stanziamento di fondi mirati” e “aumentata la formazione professionale dell’istruzione superiore”.
Altra sfida importante è rappresentata dai numerosi giovani che non lavorano, né studiano, né sono impegnati nella formazione (i Neet). Un quinto degli italiani (20,1 percento) tra i 15 e i 24 anni, nel 2017, rientra in questa categoria, rappresentando la più alta percentuale in Europa, la cui media si attesta sui 10,9 punti percentuali. Il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro continua poi a rimanere difficoltoso, anche per le persone altamente qualificate.
Le disparità a livello regionale sono persistenti e si ripercuotono sull’istruzione. Come evidenziato dai test Invalsi, nel Sud del paese il numero di studenti con scarsi risultati in italiano, matematica e inglese è significativamente più elevato se raffrontato ai dati del Nord Italia. Nel frattempo, i salari degli insegnanti continuano a rimanere tra i più bassi a livello europeo, e le prospettive di carriera sono limitate.
La percentuale di giovani che intraprendono gli studi universitari, infine, è tra le più basse in Europa (26,9 percento rispetto alla media Ue del 39,9 percento nel 2017), anche se la quota di laureati sta aumentando in modo costante. Il basso numero di laureati, d’altronde, sembra essere strettamente correlato alla crescita del costo degli studi: le tasse universitarie italiane sono tra le più alte in Europa.