Bruxelles – Il ripensamento di Frontex, l’agenzia per la gestione delle frontiere esterne trasformata in guardia costiera Ue sulla scia della crisi dei migranti, si impone almeno per due ordini di motivi. Il primo è l’accresciuta dimensione del fenomeno migratorio, il secondo è l’inefficacia della legislazione vigente. Joannes de Ceuster, capo unità Gestione delle frontiere e Schengen della Direzione generale Immigrazione, lo ammette senza problemi. Il motivo per cui l’esecutivo comunitario a settembre ha chiesto ufficialmente più risorse per Frontex e la costituzione di un nucleo operativo di 10mila uomini “è il fallimento del regolamento per l’agenzia del 2016”, spiega in commissione Libertà civili del Parlamento europeo.
In base alle intenzioni di legislatore e co-legislatore, spiega il capo unità, l’Agenzia Frontex doveva avere risorse sufficienti per sostenere gli Stati membri nella difesa delle frontiere esterne. Eppure “durante gli ultimi due anni l’agenzia ha sistematicamente affrontato carenze di risorse e personale, e questo non è accettabile”, perché non consente di far fronte al problema. Giusto per dare due numeri, durante la crisi migratoria il fabbisogno operativo dell’Agenzia per sostenere gli Stati membri si è quadruplicato, passando da operazioni che richiedevano 52.359 uomini al giorno nel 2014 si è passati a 189.705 uomini al giorno nel 2017.
A detta di Joannes de Ceuster “nessuno può contestare che c’è necessità di cambiare”, in quanto “l’attuale meccanismo non riesce a lavorare nella pratica”. In particolare “il sistema di impegni volontari non funziona”. Critica nemmeno troppo velata agli Stati membri, che assumono impegni che non sanno mantenere. L’idea della Commissione è che occorra “dare coerenza al sistema”, chiedendo di “fondere insieme” il regolamento sull’agenzia Frontex con il regolamento Eurosur sul sistema di sorveglianza delle frontiere.
La Commissione europea dovrà fare i conti anche le resistenze del Parlamento. In Consiglio Ue gli Stati membri in più di un’occasione hanno mostrato e dimostrato la mancanza di volontà politica nella gestione del tema dei migranti. Adesso anche il Parlamento mostra la propria reticenza alle proposte di modifica dell’esecutivo comunitario. La popolare Roberta Metsola dice di “non volere una super-agenzia che non funziona”, e invita a “rispettare le competenze e le responsabilità degli Stati”. Per cui “non possiamo spostare i compiti statali all’Ue”.
Il socialista Peter Niedermuller ammette di essere “molto scettico” su una proposta che non esita a definire “una concessione agli Stati che non sanno trovare un compromesso”. I socialdemocratici europei non vedono valori aggiuntivi nella proposta della Commissione europea, e non sembrano intenzionati a sostenerla, proprio come i liberali. Gérard Deprez dice di non vedere “nulla di nuovo per quanti riguarda i rimpatri, dove non ci saranno nuovi poteri, ma solo più uomini”. Che, a suo giudizio, servono anche a poco, dato che “li ultimi numeri che ho visto mostrano che i rimpatri non sono aumentati, ma diminuiti”.