Di Eleonora Artese
“Nell’Ue centinaia di milioni di animali d’allevamento passano la maggior parte della loro esistenza tenuti in gabbia i condizioni di grande sofferenza. Chiediamo alla Commissione europea di porre fine a questo trattamento disumano degli animali d’allevamento”. Lanciata l’11 settembre da un comitato di cittadini europei, l’iniziativa End the Cage Age ha meno di 345 giorni per raccogliere, da almeno sette diversi stati membri, il milione di firme necessario perché la Commissione europea la esamini e decida eventualmente di proporre atti legislativi in merito.
La condizione “disumana” in cui vivono gli animali d’allevamento è una questione già parzialmente indagata e conosciuta: galline, scrofe, vitelli e conigli sono stipati in lunghe batterie di gabbie, con una libertà di movimento minima. End the Cage Age punta ad accendere i riflettori su questa situazione anche a livello europeo, in modo da estendere, aggiornare e uniformare la regolamentazione. L’iniziativa dei cittadini europei, importante strumento di democrazia partecipativa, proviene per sua definizione dal basso ma End the Cage Age non spunta in maniera avanguardistica: nasce da una società in cui si registra una generalizzata crescita della sensibilità verso le questioni etiche e ambientali.
I consumatori si preoccupano sempre più di quello che mangiano: nel 2018, secondo il rapporto Coop, l’88% delle famiglie italiane acquista biologico, e l’acquisto dei prodotti ecologici ha registrato un aumento del 3,6% rispetto al 2017. Anche produttori e distributori, rispondendo a questi nuovi trend, iniziano a rinunciare alle gabbie: nel 2017 la Nestlè ha dichiarato di voler cessare entro il 2020 in Europa e Stati Uniti l’utilizzo di uova di tipo 3, ossia provenienti dall’allevamento in gabbia. Il mercato sta andando verso l’allevamento a terra, all’aperto o biologico, e un’adeguata legislazione a livello sovranazionale, come richiesto da un’economia globale, può accelerare e formalizzare questo processo di trasformazione.