Bruxelles – La linea di demarcazione che esiste tra le attività illegali trafficanti di esseri umani e gli aiuti che le organizzazioni umanitarie prestano ai migranti irregolari è – nella stragrande maggioranza dei casi – tutt’altro che sottile. Ma la legge europea è vaga e si presta a diverse letture, con conseguenze anche gravi per gli operatori umanitari – siano essi attivi in centri di accoglienza o a bordo di navi che solcano nel Mediterraneo – che vengono talvolta trattati alla stregua di veri e propri trafficanti.
Questo avviene soprattutto ultimamente, mentre gli isterismi nei confronti del fenomeno migratorio si moltiplicano a ogni livello. Lo testimoniano le leggi anti-ong ungheresi, l’atteggiamento aggressivo delle guardie di frontiera verso gli operatori umanitari e i processi ai membri di equipaggi di quelle stesse navi che vengono rimpallate tra i porti dei Paesi dell’Europa meridionale.
Questa è la denuncia di alcuni deputati della Commissione Libertà civili del Parlamento europeo (Libe) e di rappresentanti della società civile, che il 27 settembre hanno puntato il dito, durante un’audizione, contro l’incertezza giuridica che deriva dalla direttiva Ue “Facilitazione” del 2002, che prevede sanzioni penali per chiunque “faciliti” l’ingresso irregolare, il transito o la residenza dei migranti.
“E’ stata creata atmosfera del sospetto, che incide pesantemente sull’operato delle Ong e della società civile” denunciano Lina Vosyliūte e Jennifer Allsopp, rispettivamente ricercatrici del Ceps e della Soas. “Ci sono casi specifici di minacce fisiche ad operatori” che sono stati “obbligati a presentare documenti, violenze sessuali o fisiche da parte delle guardie di frontiera o dei poliziotti contro operatori umanitari e inchieste”, spiegano le ricercatrici.
“Le dinamiche punitive coinvolgono la società civile e le Ong” e non includono necessariamente il carcere, ma anche “azioni fra stati, sospetti, azioni penali formali, provvedimenti disciplinari, come le denunce da Ventimiglia o da Calais”. Il risultato, prosegue Allsopp è che gli “operatori si sono sentiti vulnerabili, non protetti dalla polizia” per il fatto di aver soccorso clandestini, mentre “in questo caso la polizia dovrebbe tutelare”. “La criminalizzazione delle Ong e “degli operatori umanitari”li “dissuadono dall’operare”, ha concluso la studiosa della Soas.
Eppure un modo per arginare questa situazione ci sarebbe. La risoluzione di Libe, adottata lo scorso luglio dall’Europarlamento riunito in seduta plenaria, chiede alla Commissione europea di prevedere una clausola di esenzione “umanitaria” dalla lista dei crimini previsti dalla direttiva “Facilitazione”.
In questo modo, hanno spiegato le ricercatrici, “si vuole evitare che la legge venga sfruttata per punire operatori umanitari e accusarli di tratta”. Ma, aggiungono “sono in gioco anche i valori della società civile, e quelli europei”. Ad oggi, hanno concluso con amarezza, ben pochi stati hanno incorporato tale esenzione nelle loro leggi nazionali.
Nel corso del dibattito, è intervenuto anche Constantin Nestler, medico volontario che ha prestato soccorso su diverse navi di Ong durante le operazioni di soccorso. Ha raccontato dell’episodio della Lifeline, ricordando che oggi il capitano dell’imbarcazione, “a causa delle azioni legali intraprese dalla polizia di Malta”, rischia “il carcere per un anno”. O dell’Aquarius, e della Nave Seawatch 3, “che non può più lasciare i porti maltesi” .
“Molte persone hanno sacrificato la propria carriera per mettere un freno alle morti” spiega Nestler. “Vederle considerate criminali estremisti mi lascia shoccato e mi lascia shoccato che sanzioni del genere siano possibili nell’Europa di oggi”.
Questo è soprattutto vero, ha aggiunto il medico, perché nonostante il calo di arrivi del quale l’Europa “va orgogliosa”, la “percentuale dei morti aumenta”. E questo aumento, ha concluso il medico avviene “in modo proporzionale rispetto alla punibilità e al divieto delle iniziative di solidarietà”.
Secondo l’eurodeputata del gruppo Gue/Ngl Barbara Spinelli, “una riscrittura” della direttiva “è indispensabile”. E’ “nel breve termine che bisogna agire” perché “nel breve termine le Ong e associazioni sono criminalizzate”.
“Siamo di fronte a una strategia politica precisa di esternalizzazione delle politiche di asilo – ha proseguito l’europarlamentare – ed è l’ esternalizzazione che crea questi problemi di cui stiamo discutendo”. Ovvero “la criminalizzazione” di chi effettua operazioni di Search and Rescue e addirittura, recentemente “anche delle navi militari italiane”, ha concluso l’eurodeputata