Bruxelles – Le donne sono il vero potenziale dell’Unione europea, che continua a non sfruttare per politiche occupazionali che non considerano le quote rosa come si dovrebbe. “Nel settore digitale colmare il divario di genere vorrebbe dire un aumento di 16 miliardi del Pil europeo”, stima il Comitato economico e sociale europeo (Cese), nella sua bozza di parere redatta su richiesta del Parlamento europeo.
Il Cese chiede una rivoluzione a tutto campo. Servono “un approccio multi-livello e politiche complessive” che possano permettere all’Europa di rispondere ai cambiamenti imposti dall’era delle nuove tecnologie. Ma, sottolinea l’istituzione Ue, il divario digitale tra uomini e donne “non è solo un problema tecnologico: è economico, sociale e culturale”. Per questa ragione occorrono “misure che affrontino diversi ambiti” quali il sistema educativo dall’infanzia all’età adulta (serve, nello specifico, “alfabetizzazione digitale per tutti”), il mercato del lavoro, l’equilibrio tra vita lavorativa e privata, servizi pubblici.
“Il sistema d’istruzione è l’ambito politico principale da affrontare”, sostiene Giulia Barbucci, relatrice del parere. “Dobbiamo affrontare stereotipi culturali e anche linguistici, ed è soprattutto a quest’ultima area che tutti possiamo contribuire”. Nel XXI secolo, continua, “è giunto il momento di affrontare gli stereotipi di genere e affrontarli alle loro radici sociali e culturali più profonde”.
Il Cese chiede a tutti quanti uno sforzo. L’interesse delle ragazze e delle donne nei campi della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica “deve essere accresciuto” e stimolato sempre di più. Un esempio in tal senso può essere quello di pubblicizzare modelli femminili digitali di ruolo e imprenditrici di successo. La motivazione “l’elemento chiave” per una rinascita digitale europea veramente inclusiva e pienamente competitiva, sostiene il Cese, che chiede alle parti sociali di fare la propria parte.