Bruxelles – Varsavia non verrà, per il momento, portata davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea nell’ambito della procedura di infrazione che l’Ue le ha avviato contro. Lo ha fatto sapere la Commissione europea il 19 settembre.
La situazione della Polonia, sorvegliato speciale numero uno tra i Paesi membri – il secondo è l’Ungheria – è stata dibattuta oggi dal Collegio dei commissari dopo essere stata oggetto di discussioni da parte dei ministri Ue durante il Consiglio Affari generali di ieri.
La Commissione, tuttavia, ha fatto sapere – e insistito sul fatto – che nell’ambito del Collegio, i commissari, “non hanno preso decisioni relative alla procedura infrazione”.
Questo potrebbe essere legato al fatto, riportato da alcuni media polacchi, che oggi, in mattinata, il primo ministro del Paese Mateusz Morawiecki avrebbe incontrato il primo presidente della Corte suprema polacca Małgorzata Gersdorf, forse proprio per arginare il rischio di una “deriva” della posizione del Paese nel club dei 28.
Małgorzata Gersdorf può essere considerata la donna-simbolo di quello che sta succedendo in Polonia sin dal 2015. Il numero uno della Corte suprema è, insieme ad altri giudici, bersaglio di manovre politiche che il partito al potere Law and Justice ha messo in atto, con l’intento di mandare “a casa” anzitempo i giudici e rimpiazzarli con altri eletti dal Parlamento.
Proprio per questo obbligo di pensionamento anticipato, e, in generale, per varie altre misure che stanno erodendo l’indipendenza giudiziaria polacca, l’Ue aveva avviato la procedura prevista dell’articolo 7 del Trattato dell’Unione per le “minacce sistematiche” allo Stato di diritto in atto nel Paese.
Le misure, adottate ai sensi dell’articolo numero 7 – che alcuni chiamano “opzione nucleare” – potrebbero, in ultima analisi, portare il Paese alla perdita del proprio diritto di voto in seno al Consiglio europeo.
Il rischio, tuttavia, è tutt’altro che concreto, dato che la decisione ultima della sospensione del diritto di voto spetta alla decisione unanime del Consiglio europeo che l’Ungheria ha già annunciato di boicottare.
Nessuna volontà di fare dietro-front
Martedì 19, i ministri degli Affari Europei hanno tenuto, nel corso della loro riunione brussellese, la seconda audizione a porte chiuse relativa alle accuse contro la Polonia.
Secondo quanto riportato da Frans Timmermans ieri al termine dell’incontro, la Polonia non sembra aver intenzione di mostrare alcuna volontà di voler far dietro-front nel suo attacco al Terzo potere dello stato.
Sin da giugno, ha accusato il vice-presidente della Commissione europea, le sue “preoccupazioni e timori sono aumentati” nel dialogo con la Polonia. Il vice-presidente dell’esecutivo Ue ha dichiarato che la reazione polacca alle preoccupazioni della Commissione non “offre alcuna apertura in termini di ottemperanza”.
Timmermans ha anche affermato di essere preoccupato che la Polonia possa disobbedire alle richieste della Corte europea nel caso questa decidesse di agire contro le politiche in termini di giustizia del Paese.
Martedì, In una dichiarazione congiunta rilasciata dal ministro di Stato tedesco Michael Roth in nome della Francia e della Germania all’inizio dell’audizione, i due maggiori paesi dell’Ue avevano affermato che nonostante le numerose discussioni già tenute con Varsavia, le preoccupazioni sullo stato di diritto in Polonia non sono state dissipate.
“Al contrario – hanno detto le fonti di delegazione di Roth all’udienza – dal 3 luglio e dall’ implementazione del nuovo regime di pensionamento per i giudici della Corte Suprema, la situazione è diventata più urgente che mai”.
Nonostante questo, il ministro per gli Affari europei Konrad Szymanski ha dichiarato che la sessione giudiziaria era in “linea con gli standard europei”.
La Polonia fuori dalla Rete europea dei Consigli giudiziari
Lunedì, intanto, la Polonia era stata bandita dall’organismo Ue che rappresenta le istituzioni giudiziarie degli Stati membri, a causa della mancanza di indipendenza del potere giudiziario causato dalle riforme del governo.
A seguito di un incontro a Bucarest, la Rete europea dei Consigli giudiziari (Encj) ha annunciato di aver spogliato il Consiglio giudiziario nazionale polacco dei suoi diritti di voto e di averlo escluso dalla rete.
“Le circostanze estreme di questo caso particolare hanno portato alla decisione appena presa”, ha detto la Rete in una nota. “È una condizione dell’adesione all’Encj, che le istituzioni siano indipendenti dall’esecutivo e dalla legislatura e garantiscano la responsabilità finale per il sostegno del potere giudiziario nello svolgimento indipendente della giustizia”.
L’Encj ha definito la decisione come “molto triste” in quanto il Krs (il consiglio nazionale giudiziario nazionale polacco) è stato uno dei padri fondatori della rete”.
Il presidente del Krs Leszek Mazur ha commentato dicendo che il ragionamento alla base della decisione “non era giustificato”. “Vediamo (il voto) non come un giudizio sul nostro lavoro, ma sul pacchetto di riforme adottato dai poteri legislativo ed esecutivo”, ha detto Mazur ai giornalisti a Bucarest.