Bruxelles – La situazione in Ungheria rimane critica sul fronte della gestione dei fenomeni migratori. Qualche passo avanti è stato fatto, ma “nel complesso il sistema delle zone di transito è ancora troppo carcerario”. E’ la denuncia contenuta nella relazione della commissione Anti-tortura del Consiglio d’Europa, che ha reso pubblica la valutazione dell’ultima missione condotta nel Paese dell’est. E’ convinzione dell’organismo che le norme attualmente in vigore “non diano una protezione efficace contro il respingimento, compreso il respingimento a catena”, e si chiede perciò alle autorità ungheresi di “porre fine alla pratica dei respingimenti” operata alla frontiera con la Serbia, visto che, si ricorda nel documento, il commissariato per i rifugiati dell’Onu (Unhcr) “non considera la Serbia una Paese sicuro”.
Il Consiglio d’Europa non è un’istituzione Ue. E’ un’organizzazione internazionale per la promozione e la difesa dei diritti umani composta da 47 Stati, inclusi tutti i 28 dell’Ue. Stando alla relazione del Consiglio d’Europa, “un numero significativo” di richiedenti asilo intervistati dalla delegazione nel corso della missione sul posto, ha affermato di aver subito “maltrattati fisici” da parte di agenti di polizia ungheresi nell’ambito del loro ingresso su suolo ungherese, prima di essere riportati al di là della barriera al confine con la Serbia.
L’Ungheria nel complesso va avanti per la sua strada, che è quella della linea dura e intransigente sposata dal capo del governo, Viktor Orban, fin dallo scoppio della crisi migratoria. La commissione Anti-tortura del Consiglio d’Europa lamenta che le autorità nazionali “continuano ad astenersi dall’entrare in un dialogo significativo con la commissione Anti-tortura, e hanno semplicemente smentito le conclusioni della delegazione”.