Bruxelles – Questo fine settimana Sebastian Kurz, presidente di turno austriaco dell’Unione europea, ha inviato ai servizi legali del Consiglio europeo una richiesta di opinione sulla validità di voto al Parlamento di Strasburgo riguardo alla procedura d’infrazione sullo stato di diritto per l’Ungheria. Budapest torna quindi protagonista della discussione, dopo il voto storico dell’Europarlamento che la scorsa settimana, ha avviato la procedura per l’applicazione dell’art. 7 del trattato di Lisbona.
Kurz ha chiesto, nello specifico, se le astensioni debbano essere conteggiate come voti contrari o meno. Già l’Ungheria si era fatta sentire ritenendo che la maggioranza necessaria dei due terzi non sarebbe stata raggiunta, invalidando quindi l’efficacia del voto, se si fossero contate le astensioni come voto “negativo”.
La questione era già stata posta da alcuni europarlamentari ungheresi, ma gli uffici del Parlamento, a quanto si apprende da fonti vicine al dossier, hanno già risposto che il voto è valido perché gli astenuti non si conteggiato tra i voti contrari.
La richiesta di opinione di Kurz è stata presentata su iniziativa del vice cancelliere austriaco Heinz-Christian Strache, leader del partito di estrema destra Fpoe, movimento fratello del Fidez di Viktor Orban. Kurz, invece, aveva invitato i suoi deputati a votare a favore delle sanzioni.
Il consiglio Affari generali dell’Ue, che si riunirà domani, non prevede l’argomento ‘Ungheria’, ma è possibile ritenere che il tema sarà comunque sollevato; tra l’altro, il Consiglio europeo non ha ancora ricevuto la lettera con cui l’Eurocamera dà formalmente avvio alla procedura dell’articolo 7.
Nel frattempo il premier ungherese Viktor Orban si era già detto tranquillo, ritenendo che il voto non comporti alcuna sanzione per il paese e che la mossa sia soltanto un tentativo di indebolimento nei confronti di Budapest, impegnata nella lotta contro l’immigrazione.