Bruxelles – “Il Governo italiano riconosce che il mercato comune, di cui l’euro è parte indispensabile, è componente essenziale del suo modello di sviluppo, ma ritiene che l’assetto istituzionale dell’Unione Europea e le politiche seguite non corrispondano pienamente agli scopi concordati nei Trattati”. Si apre così il secondo capoverso di un intenso documento di 17 pagine (con una “courtesy translation in English”) che il ministro per gli Affari europei Paolo Savona ha inviato nei giorni scorsi ai vertici dell’Unione europea: i presidenti di Consiglio, Donald Tusk, Parlamento, Antonio Tajani, Commissione, Jean-Claude Juncker, e Banca centrale europea, Mario Draghi. Alla Commissione per ora non commentano, ma il documento è stato ricevuto e, spiegano, “tutti i contributi al dibattito sono i benvenuti”.
Il testo è il frutto di un confronto svolto con i ministri economici e con quello degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, ma porta solo la firma di Savona.
Alcuni punti sono già noti, Savona ha illustrato più volte, in Parlamento e al Cnel la sua posizione, ma nel documento si entra nel dettaglio di analisi e proposte, ovviamente quasi tutte di carattere eminentemente economico, ma tutte tese ad un rilancio dell’Unione fondato su alcuni pilastri fondamentali, come il Mercato unico (che piace infatti a tutti, Gran Bretagna compresa) e l’euro (che invece ha meno estimatori).
Il testo inizia rivendicando l’importanza dell’Ue per il mantenimento della pace. “L’Europa unita trova il suo fondamento nel principio affermatosi nella convivenza civile tra i popoli che se si muovono le merci non si muovono le armi… l’abbattimento delle barriere doganali… è stata altamente positiva per la pace e il benessere delle popolazioni europee”.
Savona spiega che “Il Governo italiano intende trovare una forma di collaborazione con i 27 Stati membri per studiare e risolvere le debolezze istituzionali e politiche che si riflettono in un saggio di crescita reale permanentemente inferiore al resto del mondo sviluppato, con sacche territoriali elevate di disoccupazione”. Poi inizia la diagnosi, e il ministro riconosce che la pur “modesta ripresa produttiva” è dovuta all’iniziativa privata “sostenuta da una politica monetaria generosa nelle quantità e nei tassi e dell’attuazione di riforme”.
Ricorda poi il ministro come l’Italia abbia accettato e recepito le varie politiche europee come “la direttiva di fiscal compact, secondo cui occorresse puntare all’azzeramento del disavanzo di bilancio pubblico”. Però, spiega, “si è così reso più stringente il circolo vizioso tra i bisogni di una maggiore crescita e il rispetto degli accordi sui vincoli fiscali. L’effetto è stato un minore saggio reale di sviluppo e di inflazione e una maggiore disoccupazione”. All’origine di queste evoluzione, sostiene Savona “vi è un problema irrisolto di coordinamento tra politica monetaria e politica fiscale la cui soluzione tentata è stata quella di porre vincoli alla seconda, subordinandola alla prima, invece di usarla per perseguire schemi di crescita capaci di cambiare la prospettiva dell’Unione Europea. Questa situazione ha il suo epicentro nella paralisi fiscale dei paesi con eccesso di debito pubblico e nel mancato riciclo sulla domanda dei rilevanti avanzi di bilancia corrente estera da parte di paesi, come l’Olanda e la Germania”.
L’analisi diventa poi sempre più tecnica, riconosce “l’ottimo lavoro” svolto dalla Bei per come ha utilizzato la sua leva finanziaria e poi spiega che “la posizione dell’Italia è che la politica economica debba essere orientata alla crescita, concentrando le iniziative dove necessario secondo un approccio comune, anche apportando correzioni all’architettura istituzionale europea”. Secondo Savona, In breve, bisogna “non limitarsi alla fissazione di regole di governance, ossia a un tipico approccio tecnico al problema, ma orientarsi verso un approccio politico, ossia una politeia, una visione concordata per il perseguimento del bene comune europeo”.
Il ministro elenca gli obiettivi che il Trattato sull’Unione indica, ma commenta che “esiste un forte contrasto tra la giusta ambizione degli obiettivi espressi nel Trattato e gli strumenti messi a disposizione per realizzarli”. Savona cita poi Carlo Azeglio Ciampi e la sua critica all’architettura istituzionale europea affetta, diceva, da “zoppia, mancava di unione politica, della messa in comune delle sorti dei cittadini dell’Unione. Un principio elementare per la sopravvivenza legale, non solo economica, di una moneta comune”. Il documento critica il fatto che “la qualità e rigidità delle regole ha finito per minare gli obiettivi finali della convergenza economica complessiva, ostacolando l’unificazione politica”.
Torna poi la questione di una “scuola europea”, vista come “perno essenziale” perché “fatta l’Europa si devono fare gli europei”. Ma “poiché questa strada richiede tempo per raggiungere l’obiettivo dell’unificazione politica, per far funzionare l’accordo, in particolare rendere irreversibile l’euro – ammonisce Savona -, è necessaria una strategia alternativa (di second best) che, rinviando i pur necessari problemi riguardanti l’integrazione dell’architettura istituzionale dell’Unione, si deve concentrare nell’interpretazione degli accordi per attuare una politica monetaria e fiscale che consenta la convergenza delle condizioni di vita dei cittadini europei per rivitalizzare il consenso necessario per l’Unione Europea e l’euro”.
Savona si preoccupa poi del fatto che le attuali politiche economiche adottate nell’Unione mettono in crisi il consenso popolare. Continuando così facendo prevalere su scelte di espansione della domanda interna “la politica dell’offerta, l’Ue non sarebbe in condizione di invertire la tendenza alla perdita di consenso presso gli elettori – osserva il ministro -, rischiando di arrivare alle elezioni europee del 2019 nella situazione in cui si è trovata l’Italia con le elezioni del 4 marzo, inducendo i votanti a negare l’utilità di procedere verso l’unione politica”.
Per Savona, “solo una combinazione coerente di politiche dell’offerta e della domanda può evitare che l’economia europea e la stessa stabilità socio-politica entri in un processo involutivo o, se è già dentro, come ora probabile, ne esca”. E ammonisce poi che “i molti canali che inducono una minore crescita del reddito e dell’occupazione, spingono i paesi a chiudersi in un’assurda difesa della sovranità nazionale nella speranza che questa sia la soluzione, come accaduto per la Brexit”.
Dunque “Il Governo italiano – rilancia Savona – chiede la costituzione di un Gruppo di alto livello che coinvolga gli Stati membri e la Commissione europea ponendosi una scadenza precisa per discutere tali questioni e pervenire alla definizione di un documento da presentare al prossimo Consiglio in merito ai passi da compiere per migliorare il benessere di tutti i cittadini europei”. Il Gruppo di lavoro, conclude il testo “ha lo scopo di sottoporre al Consiglio europeo, prima delle prossime elezioni, suggerimenti utili a perseguire il bene comune, la politeia che manca al futuro dell’Unione e alla coesione tra gli Stati membri”.