Bruxelles – Il Parlamento europeo ha dato il via libera, oggi a Strasburgo, all’avvio della procedura di sanzione contro l’Ungheria per la violazione dello stato di diritto in atto nel Paese, che dovrà adesso essere approvata dal Consiglio europeo.
Dopo settimane di intensi dibattiti, spaccature interne ai gruppi politici, appoggi promessi al premier ungherese Viktor Orban e poi ritirati, la plenaria dell’europarlamento ha votato in favore l’applicazione dell’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea contro Budapest, accusata di allontanarsi, con le sue politiche restrittive, dai “principi fondamentali dell’Unione”.
E’ così che, con 448 voti, contro i 197 contrari – serviva la maggioranza dei due terzi dei presenti – è passato il report preparato dalla deputata dei Verdi Judith Sargentini, con il quale l’europarlamentare raccomandava l’attivazione dell’articolo, che prevede la possibilità di sanzioni contro Budapest, sino alla sospensione del diritto di voto del Paese nel Consiglio.
Nel Ppe, il partito di maggioranza del Parlamento europeo del quale fa parte la formazione politica Fidesz di Orban, ben 114 membri, compreso il presidente del gruppo Manfred Weber, hanno condannato Orban, mentre 57 hanno votato contro (e le astensioni sono state le più numerose, tra tutti i gruppi politici).
Negli altri gruppi non ci sono state grandi sorprese. La stragrande maggioranza di Socialisti e Democratici, dell’Alde e della Gue/Ngl ha votato a favore della proposta, appoggiata dalla totalità dei Verdi e dalla componente pentastellata del gruppo dell’Europa della Libertà e della Democrazia diretta. Contro, si è schierata compatta l’estrema destra dell’Enf, i Conservatori e Riformisti, e parte dell’Efdd. La Lega, come annunciato, ha votato a favore di Orban.
La relatrice del report ha manifestato su Twitter tutta la sua gioia, dichiarandosi “così fiera che il fascicolo abbia ricevuto il supporto del Parlamento europeo” ma anche, e “soprattutto”, felice per “i diritti dei cittadini ungheresi”.
Deluso invece l’eurodeputato del partito indipendentista britannico Ukip Nigel Farage, che sostiene Orban e che, su Twitter, ha accusato il Parlamento europeo di “voler rimuovere i diritti di voto dell’Ungheria” e la “presa autoritaria dell’Unione europea” che sta diventando “ancora più stretta”.
Sebbene non vi siano ancora reazioni ufficiali di Orban, dal discorso che il premier ungherese ha tenuto martedì a Strasburgo si intuisce che la possibilità di una sconfitta fosse stata messa in conto. Nonostante i toni accesi del suo intervento, Orban sembrava non farsi illusioni quando ha affermato che “la decisione è già presa, avete ricevuto ordini da Berlino”.
“Io non accetterò il ricatto che ci presentate” aveva poi affermato il politico ungherese. “Voi volete umiliare la nostra nazione e il popolo ungherese, ma qualunque cosa deciderete, noi proteggeremo i nostri confini e faremo valere i nostri diritti, se necessario contro di voi”, aveva minacciato.
Il voto di oggi segna una significativa escalation nell’approccio dell’Unione nei confronti di Budapest e mette fine alla suspense che ha caratterizzato le scorse settimane, polarizzando lo scontro tra sostenitori di un’Europa più unita e solidale da un lato e più sovranista (e populista) dall’altro.
E lo ha fatto lo stesso giorno in cui il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, aveva dichiarato il suo “amore” per l’Europa dell’apertura e della tolleranza, che “deve restare” tale, schierandosi contro il “nazionalismo che cercano capri espiatori” e che è un “veleno che schiaccia”. Successivamente il lussemburghese, membro del Ppe, si è detto soddisfatto del voto: “Sono in armonia con la decisione”.
.@JunckerEU on #Hungary: “If I was a member of the @Europarl_EN, I would have voted in favour of #Article7. @EU_Commission is using the tools we have, launching infringement procedures against countries that don’t respect #EUlaw. Am in harmony with today’s decision.” pic.twitter.com/d4MMDaUbMO
— Mina Andreeva (@Mina_Andreeva) September 12, 2018
Ma il risutato era tutt’altro che scontato. Nei giorni scorsi, le discussioni avevano spaccato il Ppe che ieri, alla fine, dopo aver richiamato Orban alla ragionevolezza, aveva lasciato la libertà di votare secondo coscienza ai propri deputati.
Il presidente del gruppo Manfred Weber, uno dei candidati per la presidenza della prossima Commissione Ue, finito nel mirino della cancelliera tedesca Angela Merkel, compagna di partito e connazionale per aver proposto di gettare ponti verso i populismi europei, ieri aveva ammorbidito le proprie posizioni, dichiarando che avrebbe votato “Sì” per il testo.
La palla ora passa nel campo del Consiglio europeo, che dovrà approvare la procedura all’unanimità. Ad oggi, l’unico altro Paese europeo sottoposto alla procedura prevista dall’articolo 7 è la Polonia, per via delle modifiche a leggi che minano l’indipendenza del potere giudiziario e il funzionamento dello stato di diritto.