Bruxelles – “Voglio essere il candidato del Ppe alle prossime elezioni europee. Voglio essere il prossimo presidente della Commissione europea”. Manfred Weber accende la campagna elettorale a dodici stelle, annunciando ufficialmente l’intenzione di guidare l’esecutivo comunitario in caso di vittoria del Partito popolare europeo alle elezioni del prossimo maggio. “Ho avuto molti incontri e parlato con molta gente nelle ultime settimane. Mi hanno chiesto e mi sono chiesto se potevo contribuire a rilanciare l’Europa, e la risposta è: sì, sono pronto”.
Bavarese, esponente di spicco della Csu partito alleato della Cdu della cancelliera tedesca Angela Merkel, Weber intende ridare alla Germania una presidenza che manca dal 1967, fine del mandato di Walter Hallstein, a oggi primo e unico tedesco a ricoprire la guida della Commissione europea. Weber per ora è solo il primo candidato del centrodestra europeo ad ufficializzare la sua candidatura. Nelle prossime settimane arriveranno le altre (sembra cosa fatta la candidatura dell’attuale vicepresidente della Bei, il finlandese Alexander Stubb). Dovrà vincere il congresso del Ppe di novembre, e solo a quel punto sfidare le urne.
Weber, di fatto già in campagna elettorale, promette di “voler restituire l’Europa al popolo”. Dice anche altro, ma il passaggio centrale del suo breve punto stampa convocato per annunciare la sua candidatura ruota attorno all’idea di saldatura degli Stati membri dell’Ue e dei loro popoli. “Non c’è un est e un ovest, non c’è un’Europa di piccoli e grandi, c’è una sola Europa. Dobbiamo unire gli interessi e costruire ponti”. Parole che si spiegano con le evidenti ragioni ed esigenze di voto, ma che stridono con la figura del candidato.
Manfred Weber è sicuramente un nome di spicco del Ppe, un volto noto della politica europea. Ma non gode di buona fama. In molti lo associano alle politiche di austerità che sempre più, in Europa, hanno criticato e contestato. Nei duri anni della crisi finanziaria, Weber è sempre stato un indefesso sostenitore del rigore, contrario a qualsivoglia flessibilità. Un falco che cerca di spacciarsi come colomba. I popolari non potranno non considerarlo, quando verrà il momento di decidere il proprio ‘spitzendkadidat’, la persona indicata per guidare la Commissione europea che verrà.
Weber, il bavarese inflessibile, vorrebbe riunificare l’Europa, ma l’Europa attorno alla sua persona è già divisa. Lo stesso Parlamento Ue, sua seconda casa dal 2004, non lo vede troppo di buon grado. I Verdi lo aspettano già al varco. La prossima settimana l’Aula dovrà decidere se votare la richiesta di avvio delle procedure che possono portare l’Ungheria a perdere il diritto di voto in seno al Consiglio. “Non può diventare presidente della Commissione europea senza dare garanzie del suo attaccamento ai valori europei”, sibila il co-presidente dei Verdi, Philippe Lamberts. Riferimento al voto sulla persona di Viktor Orban, primo ministro ungherese, amico di Weber e come lui membro del Ppe.
Lui, Weber, per ora offre rassicurazioni verbali. “Voglio un’Europa più democratica, e voglio accrescere la democraticità nell’Unione europea e nelle sue istituzioni”. Il banco di prova è la prossima settimana, e già allora il Ppe dovrà valutare se continuare a sostenere la corsa di Weber oppure far uscire dal congresso di novembre un nome diverso.