Bruxelles – Il capo negoziatore Ue per la Brexit Michel Barnier ha dichiarato che il tempo limite per trovare un accordo con il Regno Unito sulla Brexit può essere esteso fino a novembre, escludendo però che il piano sui futuri scambi commerciali tra Gran Bretagna e Unione europea, presentato dal primo ministro britannico Theresa May, possa essere preso in considerazione.
In un’intervista pubblicata domenica sul Frankfurter Allgemeine Zeitung, Barnier ha spiegato che l’estensione della deadline – inizialmente prevista per il vertice Ue del 18 ottobre – può essere effettuata “tenendo conto dei tempi necessari per la ratifica dell’accordo da parte dei parlamenti britannici ed europei”.
“Ciò di cui abbiamo bisogno non è il tempo ma decisioni politiche”, ha aggiunto il capo negoziatore Ue, dicendosi tuttavia “fortemente contrario” al piano concordato dal Gabinetto britannico il 6 luglio scorso a Chequers, che prevede l’istituzione di un’area di libero scambio tra Londra e Bruxelles per i beni ma non per i servizi.
“Non possiamo cedere il controllo delle nostre frontiere esterne e le entrate lì in un paese terzo, non è legale” ha spiegato Barnier, argomentando che il piano dell’inquilina di Downing street costituirebbe “la fine del mercato Unico e del progetto europeo”.
“I britannici possono scegliere” ha spiegato Barnier, “possono rimanere nel Mercato Unico, come la Norvegia”, che non è Paese membro, “ma devono poi accettare tutte le regole previste e i contributi alla solidarietà europea”, perché altrimenti “qualsiasi Paese terzo potrebbe richiedere per avere gli stessi benefici”.
Nel frattempo, Theresa May ha negato la possibilità di accettare cambi nell’accordo che non corrispondano agli interessi di Londra, escludendo anche che l’ipotesi di un referendum sull’accordo raggiunto per la Brexit.
“Non sarò spinta ad accettare compromessi sulle proposte di Chequers che non siano nel nostro interesse nazionale”, ha dichiarato May domenica, ricordando i “veri progressi” fatti nei mesi successivi a un piano, che, in Gran Bretagna, ha portato alle dimissioni del ministro per la Brexit David Davis quello degli Esteri Boris Johnson – che consideravano le proposte presentate troppo ‘soft’.
Deludendo poi tutti coloro che, in Gran Bretagna, chiedono un secondo referendum sull’accordo raggiunto per l’uscita del Paese dall’Unione, Theresa May ha dichiarato che non “cederà” alle richieste, perché farlo costituirebbe un “grave tradimento della democrazia”.
Secondo un sondaggio effettuato da YouGov per il Times, il 42% dei cittadini britannici sarebbe favorevole a consultazioni sull’accordo finale per la Brexit, mentre il 40% sarebbe contrario.
Il Regno Unito dovrà lasciare l’Unione europea il 29 marzo 2019 ma i termini del divorzio devono ancora essere concordati e l’ipotesi di un cosiddetto “no-deal” è tutt’altro che tramontata.