Bruxelles – Il gruppo dei liberali e democratici al Parlamento europeo invita l’Aula a revocare il Premio Sakharov concesso nel 1990 e ricevuto nel 2013 da Aung San Suu Kyi, “a causa della sua mancanza di leadership morale e pietà di fronte alla crisi Rohingya”. Il rapporto della missione di inchiesta internazionale indipendente in Myanmar, diffusa dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu, accusa la Consigliera di Stato Aung San Suu Kyi di non usare la sua posizione di fatto di capo del governo, né la sua autorità morale, “per arginare o prevenire gli eventi in corso o cercare strade alternative per proteggere la popolazione civile”.
L’europarlamentare Alde, Urmas Paet (del Partito riformatore estone), ha affermato che il Parlamento europeo ha il dovere morale di intervenire. “Quattro anni dopo che Aung San Suu Kyi ha ricevuto il Premio Sakharov, Myanmar ha commesso un genocidio contro la minoranza Rohingya. Il Parlamento europeo – dice Paet – deve ritirare il premio Sacharov alla leader del Myanmar per inviare un chiaro messaggio che questi orribili crimini non resteranno senza punizione. Invito inoltre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a sostenere un rinvio delle autorità militari birmane coinvolte in abusi alla Corte penale internazionale”.
Secondo Beatriz Becerra (indipendente spagnola del gruppo Alde9), vicepresidente della sottocommissione per i diritti dell’uomo, “Aung San Suu Kyi ha abbandonato i valori che le hanno fatto meritare il Premio Sacharov nel 1990, e per questo motivo il Parlamento europeo dovrebbe ritirarlo. Se non lo faremo, svaluteremo una delle migliori iniziative che abbiamo per promuovere la libertà di coscienza e i diritti umani, e anche la memoria dello stesso Sacharov, un uomo che ha mantenuto i suoi principi fino alla fine dei suoi giorni”.
Il rapporto delle Nazioni Unite conclude che i massimi comandanti militari in Myanmar dovrebbero essere indagati e processati per i “più gravi” crimini contro i civili secondo il diritto internazionale, compreso il genocidio. Più di un milione di persone sono fuggite dalle violenze estreme nello stato di Rakhine, in Myanmar, cercando rifugio in Bangladesh e creando la crisi dei rifugiati in più rapida crescita al mondo.
I Socialisti e Democratici in una nota si dicono “sono sconvolti dai risultati del rapporto degli investigatori delle Nazioni Unite, che riconosce esplicitamente ciò che è accaduto come genocidio”. Il rapporto è stato presentato oggi alla commissione Affari esteri dai membri della Missione d’inchiesta dell’Onu in Myanmar.
Il gruppo S&D richiede che i responsabili vengano perseguiti e chiede anche un embargo globale globale sulle armi in Myanmar. La vice presidente Elena Valenciano afferma che “la portata delle atrocità commesse dalle forze armate del Myanmar e descritta nel rapporto delle Nazioni Unite è solo indicibile: più di 700.000 persone hanno dovuto fuggire e 10.000 sono state uccise”.
Gli investigatori delle Nazioni Unite accusano esplicitamente l’esercito di Myanmar di aver compiuto massacri e stupri di gruppo dei musulmani Rohingya con “intenti di genocidio”. Questo, dice Valenciano, “non deve passare inosservato! Ci uniamo all’appello degli investigatori delle Nazioni Unite per portare il comandante in capo del Myanmar e cinque generali davanti alla giustizia e chiediamo all’Ue e ai suoi Stati membri di sostenere la proposta”.
I socialisti però pur condannando il fatto che Aung San Suu Kyi “non ha usato la sua posizione di capo del governo per impedire gli eventi”, non chiedono il ritiro del Premio Sakharov.