Di Michele Valente
L’Unione europea, come laboratorio di idee ispirato “alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa” (Trattato di Lisbona, 2007), sta attraversando una fase cruciale per il suo futuro, complicata dalla marginalità politica del fronte europeista e da fenomeni di “euroscetticismo” che raccolgono un ampio consenso elettorale e sociale. Quest’ultimo, terreno fiorente di partiti e movimenti politici populisti o di estrema destra, ha impresso una svolta nazionalista e sovranista, talora marcata da xenofobia, in risposta ai flussi migratori e alle conseguenze socio-economiche della globalizzazione. Un rischio tanto per la tenuta dei sistemi liberal-democratici nazionali – testimoniato dalle restrizioni illiberali ai difensori dei diritti umani (Ungheria) e all’indipendenza dei giudici (Polonia) –, che per la fiducia dei cittadini nella reattività politica e nella rappresentanza democratica delle istituzioni dell’Ue, in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo del prossimo maggio. “All’inizio anni ’90, l’84% degli italiani, l’89% dei greci e perfino il 63% dei britannici vedeva i benefici della Cee”, spiega Luigi Zingales in un articolo su Il Sole 24 Ore, sottolineando che, “il consenso verso l’Europa comincia a calare nel 1992, per poi crollare in occasione dell’allargamento dell’Europa all’Est e della crisi dell’eurozona”. Quale risposta è arrivata, invece, dai numerosi movimenti europeisti rispetto alla provocazione dello stesso Zingales, secondo cui “i veri nemici dell’Europa non sono i movimenti populisti, ma i cosiddetti europeisti che occupano le stanze del potere europeo”?
Ripartire da un progetto democratico: il caso DiEM 25
L’eterogenea galassia dei movimenti pro-europei, eredi della tradizione liberale e federalista, ha saputo coniugare valori laici e multiculturalismo, secondo inclusione sociale e pluralismo politico, in un comune progetto europeo. DiEM 25, fondato nel 2016 dall’ex ministro delle Finanze greco Janis Varoufakis, è un movimento pan-europeo che si pone come obiettivo la realizzazione nell’Unione europea di una “democrazia piena e compiuta […], che rispetti l’auto-determinazione nazionale e condivida il potere decisionale”. Open government, transizione ecologica, New Deal europeo, sono alcuni degli obiettivi presenti nell’Agenda progressista per l’Europa, documento programmatico condiviso da circa 60.000 iscritti, al fine di proporre una “Costituzione democratica dell’Ue” entro il 2025.
Europeismo come partecipazione transnazionale
Il movimentismo europeo nasce da un’esperienza politica, accademica e di impegno civile decennale: capostipite, il Movimento Federalista Europeo (1943) di Altiero Spinelli, autore del Manifesto di Ventotene (1944), fautore di un’Europa federale, sostenuta originalmente dai pilastri della pace e dell’anti-fascismo. Le giovani generazioni hanno (re)interpretato l’engagement europeista, ispirandosi all’attivismo statunitense e alle dinamiche partecipative dell’era digitale. Sotto il cartello dell’Unione dei Federalisti Europei, opera dal 1972, anno del primo Congresso in Lussemburgo, l’organizzazione transnazionale dei Giovani Federalisti Europei (YEF). Come spiega Juuso Järviniemi, membro e direttore della webzine di YEF (thenewfederalist.eu), il movimento si articola “a livello europeo, attraverso il lavoro delle commissioni politiche aperte ai membri, pianificando campagne comuni e azioni di lobbying a Bruxelles e organizzando, nelle sezioni nazionali, seminari ed eventi”. Tra le iniziative recenti, “la campagna ʹOur Vision for Europeʹ, il cui scopo è quello di ottenere canali TV a livello nazionale per trasmettere i dibattiti in vista delle prossime elezioni europee, oltre a ʹWakeUPʹ, una serie di manifestazioni organizzate dai nostri gruppi locali a Parigi, in difesa della libertà di stampa nell’Europa orientale ed Edimburgo, contro la Brexit”. La complessità della sfida europeista deve misurarsi con gli interessi politici ed economici particolari degli stati membri e la diffidenza di molti cittadini verso l’apertura e l’integrazione sociale e culturale: l’europeismo come impegno finalizzato alla partecipazione attiva può essere una delle risposte più efficaci all’attuale fase di incertezza democratica.