Bruxelles – I lavoratori del settore pubblico con contratto a termine che vengono licenziati senza giusta causa non hanno diritto al reintegro, come previsto invece per ha contratto a tempo indeterminato. Questo perché le condizioni delle due categorie di lavoratori non sono uguali, e ciò giustifica un diverso trattamento in caso di contenziosi. Lo chiarisce la Corte di giustizia dell’Ue che, nella sentenza in cui si stabilisce la reintegrazione automatica dei lavoratori permanenti “s’inserisce in un contesto notevolmente diverso, da un punto di vista fattuale e giuridico, da quello in cui si trovano i lavoratori non permanenti”. I giudici di Lussemburgo traggono quindi la conclusione che disparità di trattamento tra chi ha contratti a termine e no “è giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di lavoro”.
Che succede, dunque, se non scatta il reintegro obbligatorio per dipendenti pubblici ingiustamente licenziati? Può, in alternativa, essere previsto l’obbligo di indennizzo, come prevede la normativa nazionale della Spagna, Paese Ue da cui nasce tutto. E’ un’infermiera spagnola ad aver portato il suo caso personale alla Corte di giustizia europea, pensando di aver subito un trattamento discriminatorio. L’organismo di Lussemburgo chiarisce che non c’è discriminazione, ma chiarisce pure che la legislazione spagnola “non osta”, e quindi non è in contrasto, con quella comunitaria. Le norme spagnole prevedono che in caso di licenziamento ingiustificato si possa ricorrere anche all’indennizzo quale misure alternativa al reintegro per i lavoratori a tempo determinato.