dI Michele Valente
La disputa tra confini “chiusi” e “aperti”, con il crescente numero dei primi, riverbera le insicurezze negli equilibri socio-politici interni ed esterni agli stati europei: globalizzazione, conflitti e cambiamenti climatici, sono causa di fenomeni globali di mobilità altamente tensivi, finanche destabilizzanti, se non seguiti da efficaci politiche di sicurezza e sviluppo economico.
La frontiera, nel corso di intense pressioni migratorie, assume rilevanza come spazio di separazione tra chi è “dentro” o “fuori” i confini nazionali. Al contempo, l’Unione europea indietreggia rispetto al decennale processo d’integrazione sovranazionale, di fronte al prevalere di particolarismi nazionali nella gestione dei flussi migratori e nel ricollocamento dei rifugiati. “Il buon funzionamento della politica dell’Ue – riporta il documento finale del Consiglio europeo (28 giugno) –, presuppone […] un controllo più efficace delle frontiere esterne dell’Ue, il rafforzamento dell’azione esterna e la dimensione interna”.
A livello istituzionale, tuttavia, si impongono veti contrapposti sulle politiche migratorie: la riforma del regolamento di Dublino III (604/2013), che stabilisce quale Stato membro debba esaminare le richieste di protezione internazionale, è stata avversata dai rappresentanti dei governi, che non hanno dato seguito alla proposta approvata dal Parlamento europeo (“Dublino IV”, novembre 2017), su un “metodo di ripartizione” con quote fisse per ciascun Paese membro. Permane la divisione politica sulla ricollocazione dei richiedenti asilo che, dall’irremovibilità del gruppo di Visegrád all’intransigenza di Austria e Italia, prolunga l’impasse decisionale in sede europea. Nel 2017, il flusso migratorio nel Mediterraneo (dati: Eurostat;Unhcr) si è ridotto della metà rispetto all’anno precedente (172.300 persone), così come il numero di morti o dispersi è passato da 5.096 nel 2016 a 3.139 nel 2017. Nella prima metà di quest’anno (26 giugno 2018), almeno 43.000 persone si sono imbarcate e più di 1.000 hanno perso la vita.
Nel biennio 2015-16, secondo Frontex, circa 2,3 milioni di persone sono entrate illegalmente nell’Ue, via mare o lungo la “rotta balcanica”; scese nel 2017 a 204.700, il dato più basso da quattro anni. L’intervento al confine mediterraneo prevede maggiori risorse nel Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (Efsd): il cosiddetto “fondo per l’Africa”, dotato di 4,1 miliardi di euro, dovrà promuovere investimenti in energia e trasporti nel Continente, mentre il Fondo asilo e migrazioni (Amf), come previsto nel budget Ue 2021-27, sarà aumentato a 9,2 miliardi (+40% rispetto al periodo 2014-20).
Per fronteggiare le “crescenti sfide migratorie, di mobilita’ e di sicurezza”, la Commissione europea ha adottato “strumenti di finanziamento più flessibili”, come la creazione del Fondo di gestione integrata delle frontiere (Ibmf), finanziato con 9,3 miliardi. Risorse finanziarie e strumenti di coordinamento operativo saranno supportati da una regia politico-istituzionale concorde sugli obiettivi? Le frontiere politiche nell’Unione europea restano più invalicabili dei suoi confini esterni.