Bruxelles – “Attacco” su due fronti da parte dell’Ue contro l’immigrazione illegale. Il 18 luglio, la Commissione e il Parlamento europei si sono messi entrambi all’opera – insieme a due Paesi-partner, Macedonia e Niger, entrambi “strategici” vicini dell’Ue – per arginare la migrazione clandestina sulle due principali rotte che portano all’Unione europea.
A Bruxelles, il commissario per le Migrazioni Dimitris Avramopoulos ha siglato un accordo, con il ministro dell’Interno della Macedonia Oliver Spasovski, per estendere nel Paese l’azione dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera.
“Una volta in forze”, ha spiegato il commissario parlando in un punto stampa, l’intesa consentirà di “portare un significativo valore aggiunto” non solo al “rafforzamento e alla gestione” delle frontiere, ma anche alla lotta “all’immigrazione illegale e al traffico di migranti attraverso la regione.”
L’accordo, ha aggiunto Avramopoulos “permetterà all’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera di realizzare appieno il suo potenziale”, in collaborazione con le autorità locali, attraverso, anche, lo scambio di dati d’intelligence.
Per entrare in vigore – non si sa ancora quando – necessiterà dell’approvazione del Parlamento europeo. Ad oggi, il patto è il secondo concluso tra l’Unione europea e i suoi partner nei Balcani occidentali, dopo quello con l’Albania stipulato nel febbraio 2018.
Nell’aprile 2018, l’Unione ha raggiunto un’intesa analoga, ma a un livello tecnico, con il Montenegro, mentre i negoziati con la Serbia e la Bosnia-Erzegovina sono attualmente in corso.
“Bisogna continuare a lavorare insieme rafforzando la cooperazione e lo scambio di informazioni per affrontare le sfide dell’immigrazione illegale”, ha commentato Avramopulos durante il punto stampa.
La cooperazione, ha aggiunto il commissario per le Migrazioni, è “un’opportunità per l’Unione europea e per i Balcani occidentali di avvicinarsi”, sulla base di “valori comuni” e in vista di un “futuro” che può essere “solo condiviso come europei”.
La collaborazione tra l’Agenzia e i Paesi della regione è, per inciso, al centro della strategia della Commissione che si chiama “Una prospettiva di allargamento credibile e un maggior impegno dell’UE per i Balcani occidentali”. La roadmap ribadisce il futuro “europeo” dell’area, sottolineando la necessità di una comunione d’intenti – strategici e operativi – nella gestione della migrazione e delle frontiere.
E’ di oggi, intanto, l’annuncio da parte dell’Unione europea che il processo di monitoraggio della situazione in Macedonia – insieme all’Albania – è stato avviato, in vista dell’avvio del processo di adesione all’Ue, previsto per il prossimo giugno.
Nel frattempo in Niger, sulla sponda meridionale del Mediterraneo (anzi, nell’entroterra profondo dell’Africa) il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani sta incontrando esponenti di tutto il Sahel per capire come rafforzare l’assistenza al Paese – fatta di legami politici, investimenti e tecnologia – ed estenderla agli altri partner della regione, con il fine ultimo di ridurre la povertà e l’immigrazione illegale.
Il Niger, che è considerato uno dei principali Paesi di transito per i migranti diretti in Libia e, da li, in Europa, costituisce una “success story” per la lotta contro l’immigrazione irregolare. In cambio di quasi un miliardo di euro ricevuto dall’Ue per il periodo 2014 – 2020, il Paese ha difatti ridotto del 95% i transiti di migranti verso Tripoli, che sono passati da 330.000 nel 2016 a 10.000 quest’anno.
“Siamo pronti a sviluppare un modello simile di partenariato con gli altri Paesi del Sahel”, perché esso rappresenta “un buon modello di cooperazione”, ha dichiarato Tajani davanti ai leader parlamentari della regione.
Allo stesso tempo, ha aggiunto il presidente dell’Europarlamento, “i vostri Paesi rappresentano la nostra priorità in Africa non solo da un punto di vista della sicurezza o delle migrazioni, ma anche da un punto di vista dello sviluppo economico”.
Il Sahel è, difatti, una delle aree più povere al mondo ed ha una crescita demografica estremamente alta (4%), come ha ricordato il presidente del Niger Mahmadou Issoufou, che Tajani ha incontrato in un bilaterale durante il viaggio, che ha chiesto l’aiuto dell’Ue per “preparare la transizione demografica”.
Oltre al bilaterale con Issoufou, per il viaggio di Tajani sono sull’agenda un incontro con il presidente dell’Assemblea nazionale nigerina Ousseini Tini e il primo ministro Brigi Rafini, nonché un meeting con i presidenti delle assemblee nazionali del G5 Sahel (Niger, Mali, Burkina Faso, Mauritania e Ciad) e il segretario generale della Comunità dei 29 Stati del Sahel e del Sahara (Cen-Sad) Ibrahim Sani Abani.
Tajani, che ha chiesto a Niger, Mali, Burkina Faso, Mauritania e Ciad di partecipare alla conferenza sulla Libia che si terrà il prossimo 10 ottobre al Parlamento europeo, ha concluso spiegando “una soluzione alla crisi libica non può farsi senza un ruolo forte del G5 Sahel.
Sebbene vi sia, nell’azione dei due funzionari europei, una sicura comunione di intenti (quella di ridurre i flussi), i piani sui quali si muovono le loro azioni sono molto diversi. Se da un lato, infatti, l’accordo siglato da Avramopoulos è parte dell’azione dell’Unione tesa a proteggere i propri confini, la visita di Tajani punta a rafforzare la “dimensione esterna” delle migrazioni – che fa riferimento alle “radici” del problema migratorio.
Entrambe le linee sono parte tuttavia, insieme a un’altra “interna” (quella dei famosi “movimenti secondari”), della roadmap per contrastare l’immigrazione delineata all’ultimo Consiglio europeo di fine giugno.