Bruxelles – Brutte notizie per l’Europa. La ripresa conosciuta in questi ultimi anni si smorza. Le previsioni economiche d’estate della Commissione europea non contengono buone nuove per nessuno. “Dopo cinque trimestri consecutivi di crescita vigorosa del Pil, lo slancio economico nell’area dell’euro è divenuto più moderato nella prima metà dell’anno”. Nel complesso, l’area dell’euro e le economie dell’Ue dovrebbero continuare a espandersi quest’anno e nel 2019, “ma a un ritmo più moderato rispetto al 2017”. Tutto ciò si traduce in una revisione al ribasso del Prodotto interno lordo di Ue ed Eurozona per l’anno in corso. Solo tre mesi fa, in occasione delle previsioni di primavera, si prevedeva crescita del 2,3% per l’Ue a 28 e del 2,3% per l’Ue a 19, in entrambi i casi corretta al 2,1% (-0,2 punti percentuali). Invariate, per ora, le stime di crescita per il 2019.
Il fanalino di coda in questa classifica a 28 è doppio: Italia e Gran Bretagna sono i due Paesi che cresceranno meno nel 2018, con un modesto più 1,3 per cento.
Rallentamento generale
I dati della Commissione si limitano all’andamento del Pil, e non considerano in questo momento i deficit e i debiti dei governi. Meglio così, visto che il solo indicatore di crescita dà grattacapi. Le principali economie dell’Eurozona sono previste in frenata nel 2018 e nel 2019: Germania, Francia, Italia e Paesi Bassi in particolare hanno tutti indici al ribasso. Per la Commissione ciò non sorprende, visto il contesto generale. “Il rallentamento dell’attività economica europea all’inizio del 2018 ha ampiamente riflettuto una serie di fattori temporanei”, ricordano a Bruxelles. L’aumento dei prezzi del petrolio è uno di questi. In secondo luogo “l’incertezza che circonda l’esito dell’accordo di transizione Brexit pesa sulla fiducia”. Ancora, ricorda il commissario per l’Euro, Valdis Dombrobvskis, “l’ambiente esterno sfavorevole, come la crescita delle le tensioni commerciali con gli Stati Uniti, possono smorzare la fiducia e penalizzare l’espansione economica”. Ma c’è di più. A frenare la ripresa europea ci pensa anche “l’incertezza politica aumentata in alcuni Stati membri”. Un elemento, quest’ultimo, vero in particolare per l’Italia.
Italia sia chiara su politiche economiche
Al capitoletto che la Commissione europea dedica all’Italia, si trovano tutta una serie di raccomandazioni più di natura politica che di natura economica. Si prevede che l’Italia ridurrà la propria crescita di 0,2 punti percentuali quest’anno e di 0,1 punti percentuali il prossimo. Per la Penisola “Tra l’incertezza politica globale e quella interna i rischi al ribasso per le prospettive di crescita sono diventati più marcati”. Preoccupano a Bruxelles “incertezze riemergenti sulle politiche economiche”, così come “le possibili ricadute dei rendimenti dei titoli sovrani nei costi di finanziamento delle imprese”. Tutti elementi che “potrebbero peggiorare le condizioni di finanziamento e la domanda interna”. In altri termini, si temono cambi di politiche economiche e aumenti degli spread. Si chiede dunque all’Italia chiarezza e continuità. Le previsioni di crescita di oggi, come quelli di maggio, si basano sull’ipotesi di “non cambiamento della politica”, e non tengono conto delle clausole di salvaguardia su Iva e accise, pronte ad aumentare nel 2019 se le cose dovessero mettersi male.
In Europa nuova ripresa dopo l’estate. Forse
La Commissione europea resta ottimista. Prevede che la dinamica della crescita si rafforzi “leggermente” nella seconda metà di quest’anno, poiché le condizioni del mercato del lavoro migliorano, il debito delle famiglie diminuisce, la fiducia dei consumatori rimane elevata e la politica monetaria rimane favorevole. Ma l’ottimismo è cauto.
Se da una parte si riconosce il merito del lavoro della Bce per politiche accomodanti, e si ribadisce la persistenza delle condizioni fondamentali per la crescita, dall’altra si ammette che la situazione potrebbe deteriorarsi ancora di più. “La previsione di base non presuppone un’ulteriore escalation delle tensioni commerciali”, sottolinea il commissario per gli Affari economici, Pierre Moscovici. “Se le tensioni dovessero aumentare, queste avrebbero un impatto negativo sugli scambi e sugli investimenti, e ciò ridurrebbe il benessere in tutti i paesi coinvolti”. Altri rischi, avverte, includono il potenziale di volatilità dei mercati finanziari legato, tra l’altro, ai rischi geopolitici.