Bruxelles – Le norme attuative ed i precedenti stabiliti dalla Commissione non assicurano che gli Stati membri convergano in tempi ragionevolmente rapidi verso gli obiettivi di risanamento decisi a Bruxelles. Insomma, la flessibilità adottata da Jean-Claude Juncker è stata un po’ troppo un’arma politica e poco economica, che non ha contribuito a fornire la protezione necessaria di fronte a eventuali nuove crisi. Lo sostiene la Corte dei Conti europea nella sua “relazione speciale” sulla questione presentata oggi.
“Le disposizioni in materia di flessibilità introdotte dalla Commissione non sono limitate al periodo di crisi e nella pratica si sono rivelate eccessive“, ha dichiarato Neven Mates, il membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione. “Di conseguenza – ha spiegato il magistrato contabile -, nel periodo di ripresa ed espansione (2014-2018), i saldi strutturali in diversi paesi fortemente indebitati hanno deviato rispetto agli Omt oppure vi si sono avvicinati a un ritmo talmente lento che è lungi dal garantire un miglioramento sostanziale prima della prossima contrazione economica”.
Secondo la Corte, “quando si è trattato di stabilire le norme attuative o di adottare decisioni caso per caso, la Commissione europea si è ampiamente avvalsa dei poteri discrezionali di cui gode per ridurre gli obblighi di aggiustamento. Non ha quindi attribuito, a giudizio della Corte, la necessaria importanza al conseguimento del principale obiettivo del regolamento sul braccio preventivo. Ciò è particolarmente allarmante nel caso dei diversi Stati membri con un elevato rapporto debito/Pil, la cui sostenibilità finanziaria in una futura recessione potrebbe scatenare timori sul mercato”. Italia in prima fila.
Ma cosa sono gli Omt?
Il Patto di stabilità e di crescita (Psc) è un insieme di norme volte a far sì che gli Stati membri perseguano la solidità delle finanze pubbliche e coordinino le rispettive politiche di bilancio, dato che una crisi di bilancio in uno degli Stati membri potrebbe ripercuotersi sugli altri. Il Psc ha due componenti: 1) il ben noto “braccio correttivo”, o “procedura per i disavanzi eccessivi” (Pde), che mira a far scendere il disavanzo nominale al di sotto del 3 % del Pil e 2) il meno noto “braccio preventivo”, che richiede agli Stati membri di portare il saldo strutturale di bilancio (ossia al netto degli effetti della congiuntura) in linea con i valori obiettivo specifici di ciascun Paese, noti come “obiettivi a medio termine” (gli Omt, appunto). Il principale obiettivo del braccio preventivo, sottolinea la Corte dei Conti, è che gli Stati membri convergano in tempi ragionevolmente rapidi verso questi Omt. Il raggiungimento degli Omt avrebbe un duplice effetto, in quanto consentirebbe: 1) agli Stati membri di disporre di un margine di manovra in caso di recessione e 2) agli Stati membri fortemente indebitati di far scendere il rapporto debito/Pil al di sotto del massimale previsto dal trattato. “Tuttavia – afferma la magistratura contabile dell’Unione -, le norme attuative ed i precedenti stabiliti dalla Commissione non assicurano che questi obiettivi siano raggiunti entro tempi ragionevoli, anche in condizioni economiche normali”.
Troppa tolleranza
La Corte ha rilevato inoltre che “le tolleranze concesse in caso di riforme strutturali non sono collegate ai costi effettivi per il bilancio di tali riforme, ma sono usate dalla Commissione come ‘strumento incentivante’”, e sottolinea che: “Tale utilizzo non è contemplato dal regolamento sul braccio preventivo. Inoltre, la clausola sugli investimenti non prevede che l’aumento del rapporto investimenti pubblici/Pil si produca nell’anno per cui tale aumento è approvato, ma richiede unicamente un aumento in termini nominali. Tale clausola consente inoltre, negli anni successivi, incrementi della spesa non connessa ad investimenti. Tutto ciò determina ritardi di diversi anni nel conseguimento degli OMT”.
La credibilità del braccio preventivo secondo la Corte dei Conti “è ulteriormente indebolita dall’attuazione del braccio correttivo, i cui requisiti possono essere pienamente soddisfatti, in forza delle disposizioni attuative, semplicemente in presenza di una ripresa ciclica. Pertanto, gli Stati membri soggetti ad una Pde non sono tenuti a migliorare i saldi strutturali, come dovrebbero invece se fossero soggetti alle disposizioni del braccio preventivo”.
Infine, la Corte ha osservato che le raccomandazioni specifiche per paese adottate dal Consiglio in materia “non forniscono sufficienti spiegazioni sulle motivazioni degli aggiustamenti di bilancio e sui rischi a cui vanno incontro gli Stati membri che non li attuano”.
Che fare?
La Corte ha formulato una serie di raccomandazioni volte a rendere più rigida e coordinata l’applicazione del sistema; in particolare:
• la Commissione dovrebbe risolvere il problema delle continue deviazioni dal percorso di aggiustamento richiesto nel corso di più anni;
• dovrebbe far sì che gli obiettivi a medio termine in materia di bilancio siano raggiunti entro tempi ragionevoli, prevedendo norme più rigide per gli Stati membri fortemente indebitati;
• la tolleranza prevista per le riforme strutturali dovrebbe riguardare solo i costi diretti relativi alle riforme e la tolleranza per eventi inconsueti dovrebbe parimenti riguardare solo i costi dirittamente connessi a tali eventi. La tolleranza per gli investimenti non dovrebbe permettere incrementi della spesa non connessa ad investimenti negli anni successivi;
• gli aggiustamenti richiesti dal braccio correttivo e dal braccio preventivo dovrebbero essere armonizzati: gli aggiustamenti richiesti dal braccio correttivo non dovrebbero essere inferiori a quelli richiesti dal braccio preventivo;
• le raccomandazioni specifiche per paese dovrebbero contenere richieste esplicite, con una spiegazione chiara delle motivazioni sottostanti e dei rischi in caso di inadempienza;
• la Commissione dovrebbe far sì che i programmi di stabilità e convergenza degli Stati membri includano maggiori informazioni sulle misure relative a entrate e spese.
La Corte ritiene infine che “la normativa attualmente in vigore consenta alla Commissione di attuare tutte le raccomandazioni sopra formulate, dato che l’obiettivo principale perseguito dal regolamento dovrebbe essere considerato prioritario rispetto alle opzioni di flessibilità disponibili”.
La Commissione difende il suo operato
“Sono convinto, e siamo convinti, che le flessibilità introdotta da questa Commissione sia proporzionata, appropriata, economicamente giustificata, politicamente intelligente e socialmente giusta”, replica il commissario per gli Affari economici, Pierre Moscovici. Con la Corte dei conti, “con cui collaboriamo in maniera positiva”, evidentemente su questo “ci sono delle divergenze nell’interpretazione delle norme”.