Roma – Il governo M5s-Lega ha rischiato di non nascere per le perplessità del Colle sull’europeismo di Paolo Savona, e invece il ministro per gli Affari Ue si rivela il più europeista della compagine governativa. In un incontro organizzato al Cnel per leggere i risultati dello scorso Vertice dei capi di Stato e di governo Ue, Savona non solo torna a ribadire che l’euro non si discute, ma lancia addirittura l’idea di “una scuola europea di ogni ordine e grado”, con “una sola materia lasciata alla competenza degli Stati membri” e che riguardi la storia nazionale. Solo così, ritiene il ministro, “in vent’anni” si potranno creare le condizioni per “l’unificazione politica” dell’Ue, unico antidoto contro lo “sgretolamento” dell’Unione europea.
Incalzato dalla platea, che nutre dubbi sul fatto che parli a nome anche del resto dell’esecutivo, Savona assicura di aver messo le cose in chiaro prima di accettare l’incarico. “Mi muovo perché ho il mandato del governo” e il sostegno dei due leader della maggioranza, sottolinea. Questo sostegno non comprende forse l’idea di un percorso scolastico europeo – diversi storcerebbero il naso nella maggioranza e comunque non è nel contratto di governo – ma certamente è un appoggio pieno quando si parla di questioni economiche.
Anche su questo tema la platea – abbondantemente composta da federalisti europei e convinti sostenitori dell’integrazione Ue – sembra stupita dalle posizioni europeiste espresse dal ministro. Ci scappa quasi l’applauso quando dice che, “se non hai un mercato unico con una moneta unica, non puoi difendere le sovranità”. Il punto è, secondo Savona, che per l’Eurozona “la costruzione è sbagliata”. Il vizio principale riguarda l’impossibilità per la Banca centrale europea di acquistare i titoli di Stato dai Paesi per cui batte moneta. Tant’è che il presidente Mario Draghi, “esempio brillante” per il ministro, si è scontrato con non poche resistenze per il programma di quantitative easing, con cui i titoli di Sato dell’area euro vengono acquistati comunque, ma sul mercato secondario.
Quello di acquirente di ultima istanza è un ruolo che accomuna le banche centrali a eccezione della Bce. Quindi “o la Banca centrale europea si dota di questo strumento (la possibilità di acquistare direttamente debito sovrano dell’area euro, ndr) o ne dobbiamo inventare un altro sufficientemente dinamico, che non è il Fondo monetario europeo”, indica Savona. La trasformazione del Meccanismo europeo di stabilità nel Fme, così come si va configurando, esautora la Commissione europea dal controllo sui bilanci dei Paesi in crisi, eliminando anche quello “spazio di mediazione politica” necessario “quando viola un rigido parametro”.
La preoccupazione di Savona riguarda ciò che può accadere all’Italia quando il governo comincerà “ad affrontare i temi economici: se parte la speculazione qualcuno deve intervenire per cercare di neutralizzarla, e non è neppure necessario spendere, basta che la speculazione sappia che qualcuno interverrà”.
Il ministro interviene anche sul Bilancio Ue, che è limitato e non rappresenta neppure “una fonte esogena” in grado di intervenire sulle economie nazionali, dal momento che non può contare su risorse proprie. E anche la Banca europea per gli investimenti, che per Savona potrebbe svolgere un ruolo di sostegno allo sviluppo delle economie nazionali, è “vincolata e dei parametri” che le impediscono di essere più funzionale.
Domani, nel corso di un’audizione in Parlamento, Savona presenterà maggiori dettagli sulle proposte che il governo italiano intende avanzare in Europa, ma ai membri del Cnel e ai loro ospiti il ministro spiega l’obbiettivo: “La Bce deve avere potere sul cambio e deve avere potere per esercitare il ruolo di prestatrice di ultima istanza. La politica fiscale” dell’Ue, prosegue, “affinché imprima impulsi esogeni deve avere risorse proprie da mobilitare sull’intero territorio, in funzione degli obbiettivi che in ciascun territori devono essere raggiunti”.
Il ministro si dice “cosciente di muovermi in uno scenario utopico, ma è un’utopia necessaria”, precisa. Soprattutto appare convinto della possibilità di realizzarla: “Se una proposta come questa – in cui si rafforza la Bce e la politica fiscale – viene respinta”, avverte, “comincia ad essere un problema serio che si potrebbe riflettere nelle prossime elezioni europee, così come la carenza su questa materia, come in altre, ha portato a una rivoluzione nel Parlamento italiano”.