Sarebbe troppo semplice liquidare come una spacconata l’orgoglio con cui Lucia Borgonzoni, neo-Sottosegretario alla Cultura, afferma di non aver letto un libro da tre anni. Nella messa in scena gialloverdista nulla è mai lasciato al caso e anche questa apparente gesticolazione richiede un’analisi.
Fa parte del gioco democratico che ogni governo nomini a capo dei vari dicasteri persone della propria parte politica incaricate di mettere in atto il suo programma, cioè l’insieme di provvedimenti che definiscono un disegno politico, una concezione dello Stato, un progetto di società. E ogni governo sceglie i suoi uomini migliori, i più competenti, per le varie cariche, in modo da avere le massime opportunità di realizzare i suoi obiettivi. Ora nominare un Sottosegretario alla Cultura che si vanta di non leggere sarebbe come nominare un Sottosegretario all’Agricoltura che si vanta di non sapere se le patate crescono sottoterra o sugli alberi. Un atto che non collima con l’ideologia di questo governo che si rivendica sovranista e proclama di voler porre l’interesse degli italiani prima di ogni altro. Tutti i regimi nazionalisti hanno sempre prediletto la cultura come materia essenziale per sviluppare un narrato incentrato sull’identità, l’esclusività e la preminenza nazionale.
Basti pensare al Minculpop mussoliniano e alle sue potenti politiche culturali, dall’architettura di pregio messa in campo per dare uno sfondo spettacolare al progetto imperiale fascista, alla concezione di giochi sportivi e di grandi mostre fino alla traduzione in italiano delle letterature di paesi come la Finlandia e i Paesi Baltici, che appena si affacciavano alla storia e che come l’Italia, si costruivano un’identità. Ma anche esempi più vicini a noi, come il regime islamico di Erdogan che ora recupera l’ottomanesimo e l’orgoglio dell’antico impero per consolidare la propria presa sulla Turchia. Il sovranismo ha sempre amato la cultura perché attraverso la cultura può plasmare le menti e costruire la propria mitologia nazionale. I gialloverdi invece rifuggono la cultura e addirittura dell’ignoranza si fanno un vanto. Non per provocazione o distrazione ma perché il loro progetto di società è proprio quello dell’incultura e dell’opportunità di manipolazione che essa offre.
È molto più facile disseminare false notizie in un terreno di ignoranza, dove mancano i basilari punti di riferimento per distinguere la verità dalla menzogna. E il principale nemico dell’incultura è proprio la lettura. Perché solo la lettura è capace di suscitare spirito critico, di indurre alla riflessione e all’astrazione che consente di decifrare i fenomeni. Se i grillini prosperano sui social media è proprio perché lì non c’è da leggere, non c’è bisogno di farsi un’opinione. La si trova già confezionata negli slogan.
Del resto è sorprendente vedere come gli articoli di opinione della principale stampa italiana siano molto spesso critici nei confronti del nuovo governo mentre nei sondaggi i gialloverdi non fanno che crescere. Segno che la carta stampata ormai si rivolge a una minoranza della popolazione. Lucia Borgonzoni è dunque la persona giusta al posto giusto. Non è stata nominata al Ministero dei Beni Culturali per mettere in atto una politica culturale leghista o grillina, bensì per impedire che ve ne sia una di qualunque tipo.
Tornando brevemente a uno di quei paesi baltici tanto piccoli e tanto accaniti ad esistere, uno degli episodi più gloriosi della storia lituana sono le gesta dei contrabbandieri di libri che a rischio della vita trafugavano testi in lituano quando l’impero zarista aveva vietato l’uso dei caratteri latini nel paese. Così la Lituania sopravvisse a secoli di occupazione straniera e la lingua lituana si salvò dall’estinzione. Perché c’era qualcuno che voleva leggerla a tutti i costi.
Che alla guida del nostro paese ci sia invece gente che a tutti i costi non vuole leggere la dice lunga sulla nostra volontà collettiva di esistere come nazione.