dall’inviato
Lussemburgo – Continuare con le riforme strutturali e non invertire la rotta, mettere in ordine le finanze pubbliche, ridurre le sofferenze bancarie. Ovvero l’Italia e come parlarne senza dirlo. Le raccomandazioni per la zona euro del Fondo monetario internazionale (Fmi) sono valide per tutti, ma pochi tra i Paesi Ue con la moneta unica hanno bisogno di fare tutto quello che per l’Organismo finanziario è necessario. Tra questi c’è l’Italia.
Christine Lagarde, direttrice del Fondo, ha presentato all’Eurogruppo il tradizionale rapporto annuale sull’Eurozona. La situazione generale è sostanzialmente positiva, spiega in conferenza stampa. “L’area euro è nonostante tutto in una buona situazione”. E’ uscita dalla crisi, come dimostra il fatto che “ci sono crescita e ripresa”, in un percorso di miglioramento però ancora tutto da consolidare. Ci sono rischi interni ed esterni.
“A livello nazionale le riforme strutturali devono continuare”. Un qualcosa che “vediamo, ma non in tutti gli Stati e non in tutte le aree”. E poi, continua Lagarde, “riteniamo che maggiore responsabilità di bilancio sia appropriata”. Un richiamo neppure troppo velato a ridurre debito e deficit e rendere i conti pubblici sostenibili e sotto controllo. Infine il settore bancario e la questione dei crediti deteriorati, i prestiti che le banche fanno fatica a farsi restituire. “Rischi e quantità di crediti deteriorati sono ridotti, una cosa vera per molte banche ma non per tutte”. Vuol dire, avverte la direttrice del Fmi, che all’interno dell’Eurozona “ci sono ancora istituti a rischio di liquidità e vulnerabilità” e per questo “determinati Stati membri devono ridurre tali stock”.
L’Italia risponde appieno all’identikit tracciato dal Fondo monetario internazionale. Ha il secondo debito pubblico, il governo Lega-5Stelle intende procedere attraverso misure quali reddito di cittadinanza e flat tax che inquietano l’Europa per i rischi legati a un aumento del debito, ha ancora grandi quantità di crediti in sofferenza. “Non identifico l’Italia in una categoria specifica, non è questa la nostra missione”, precisa Lagarde, che però sul Paese qualcosa da dire ce l’ha e non lo nasconde. Attende di sapere come intende muoversi il governo Conte, perché “i mercati sono piuttosto nervosi e ansiosi di capire quello che sarà il mix delle politiche italiane in prospettiva”. Per ora fanno fede le intenzioni, e “per il momento sentiamo dichiarazioni rassicuranti in termini di disciplina di bilancio e di calo del debito”. Ma nelle prossime settimane il Fondo sarà in Italia, e quello diventerà il momento della verità: “Vogliamo sentire esattamente quali saranno le politiche in futuro”. Elementi che il governo metterà nero su bianco nella nota di variazione al Def da varare a settembre.
Lagarde ricorda la necessità di rispettare le regole comuni viste le difficoltà interne all’Eurogruppo. L’esempio concreto che offre è quello dell’unione bancaria. Lo schema europeo di garanzia sui depositi bancari (Edis) è fermo perché ci sono Germania e Paesi Bassi contrari a coprire i rischi di banche non in salute. “Sono tutti d’accordo nel dire che l’Edis è indispensabile, ma due Paesi vogliono evitare di attivarlo senza aver prima terminato il lavoro di pulizia delle banche dai crediti deteriorati”. Invito all’Italia, e non solo.
Ma ci sono altre incognite a gravare sul futuro dell’Eurozona. Le ripercussioni possibili della Brexit e dalla guerra commerciale tra Ue e Stati Uniti. Sull’addio britannico “vediamo rischi nella mancanza di progressi nei negoziati, che possono produrre incertezza”. I dazi commerciali possono avere “impatti economici contenuti”, ma il problema vero è la crisi di fiducia tra i partner. “Ritorsioni e aumento delle tensioni hanno impatti macro-economici maggiori”.